Una cosa è sicura: l’arrivo di Netflix in Italia rischia di compromettere la vita sociale di molti seriofili incalliti. C’è bisogno di una guida per ottimizzare i tempi, orientarsi tra le original series e capire a quale show dedicare ore e ore di binge-watching. Ecco il punto della situazione secondo i Blogger Erranti.

Bloodline

Dai creatori di Damages, un dramma familiare ambientato in Florida, tra afa e bellezza spettacolare dell’ambiente. Il ritorno del figlio prodigo Danny, pecora nera, è l’innesco del conflitto tra parenti stretti, che fa riemergere violenze passate e presenti.

Perché sì: paesaggi bellissimi inscindibili dalla storia narrata; un ottimo cast, tra cui Linda Cardellini, Sissy Spacek matriarca e Ben Mendelsohn che cerca di affrancarsi dall’eterno ruolo di villain.
Perché no: qualche momento di noia nello scorrere della vicenda.

Daredevil

L’universo Marvel creato da Drew Goddard e Steven S. DeKnight non è mai stato così cupo: la versione Netflix del diavolo senza paura è un vigilante violento e borderline che non si fa troppi problemi a menare il malvivente di turno. Così come la sua nemesi non esita a fare ciò che è giusto per la città in cui vive. Scontro affascinante tra due personaggi, opposti e speculari, uniti dal medesimo intento: riqualificare il quartiere di Hell’s Kitchen secondo le proprie regole. Da vedere anche solo per dimenticare il Devil di Ben Affleck.

Perché sì: soddisfa gli istinti violenti. A Hell’s Kitchen se le danno di santa ragione (e in piano sequenza).
Perché no: richiede alta fedeltà in quanto primo capitolo del progetto Difensori.

Narcos

Si ispira a fatti veri raccontando la storia di Pablo Escobar, signore della droga nella Colombia degli anni ’70. Creata da José Padilha, regista brasiliano passato dall’Orso d’Oro a Berlino con Tropa de Elite al remake di Robocop.

Perché sì: non sarà Breaking Bad, ma è a suo modo un romanzo criminale dove guardie e ladri si rincorrono senza pietà; toni da Goodfellas in versione crime drama.
Perché no: molta violenza, e una rappresentazione dell’America Centrale troppo Bananas per essere credibile, a partire dalle ricostruzioni socio-politiche.

Sense 8

Le premesse sono ottime: otto sconosciuti sviluppano improvvisamente una connessione telepatica tra loro. La conoscenza reciproca li porterà a confrontarsi su temi universali come l’identità, la solitudine, la fede e l’amore. Sense 8 è l’estensione di un universo sci-fi/transgender – partorito dalle menti di Larry e Lana Wachowski – tra i più interessanti in circolazione.

Perché sì: intrattenimento nato dall’esigenza di mutare l’immaginario collettivo in uno spettacolo senza limiti di genere.
Perché no: la patina trash-mistica un po’ kitsch. È l’estetica Wachowski. Prendere o lasciare.

Unbreakable Kimmy Schmidt

Tina Fey e Robert Carlock – autori di 30 Rock – ancora insieme per una comedy strampalata quanto basta da conquistare già dall’incipit: la seconda vita di una donna ritrovata in un bunker sotterraneo in cui è stata rinchiusa per quindici anni da un prete apocalittico. Non basta? Il sacerdote pazzo ha il volto di Jon Hamm (gigione come mai prima d’ora).

Perché sì: riesce pienamente nel intento in cui eccelleva 30 Rock: far ridere fino alle lacrime.
Perché no: gli sketch da nata ieri alla lunga rischiano il déjà vu.

Scritto da Giacomo Brotto e Sara Mazzoni.