Bloodline è una delle serie migliori di Netflix. La prima stagione ha debuttato l’anno scorso: dramma familiare e tensione thriller impastati nell’umidità tropicale dell’arcipelago delle Florida Keys. Per parlare dei nuovi episodi è necessario fare spoiler sulla stagione precedente: se non l’avete ancora vista, siete avvisati.

Sembrava impossibile proseguire la vicenda della famiglia Rayburn senza la sua pecora nera, Danny, perdente e incattivito, così patetico da suscitare un turbamento fatto soprattutto di pietà. Impossibile pensare a un nuovo arco narrativo forte quanto il suo, specie se il protagonista diventa il fratello John. Ecco la grande scommessa della seconda stagione di Bloodline: se la stessa intensità non si può replicare, bisogna dare agli spettatori qualcosa di diverso. E Bloodline 2 vince, lasciando in secondo piano il dramma familiare e buttandosi su un registro ancora più dark. La stagione 1 raccontava la storia di Caino e Abele, ma con un finale al contrario. Nella stagione 2, la serie racconta cosa succede dopo questo ribaltamento: che ne è di John, il fratello “bravo”, ora che è passato dall’altra parte?

La risposta è: niente di buono. Siamo tra il delitto e il castigo, ed è John a sprofondare. I primi episodi hanno un crescendo da psychothriller, giocato sull’assenza-presenza di Danny: è morto, eppure è ancora con noi. Soprattutto con John, che l’ha assassinato; Danny non lo lascerà mai più. È uno spettro minimale: John non vede Danny, gli sembra di vederlo, lo intravede; l’ombra di Danny è qualcosa di sfuggente che si può cogliere solo con la coda dell’occhio. Intanto, sullo schermo, John – e lo spettatore con lui – vede una controfigura di Danny: il suo figlio adolescente, quasi un sosia di Ben Mendelsohn, che ne mima la recitazione – a volte convincente, a volte macchietta. È un riflesso ingombrante, sostenuto da un sub-plot interamente ambientato nei flashback su Danny, dando a Mendelsohn l’occasione di apparire in carne ed ossa per più di qualche secondo.

Ancora una volta, è Danny l’innesco di tutto ciò che accade. Per John, l’idea di Danny è un’infiltrazione nel suo mondo ordinario. John deve dire addio alla persona che credeva di essere: il bravo poliziotto, il padre di famiglia; tutte apparenze, inquinate dall’ombra di Danny, ma soprattutto da quello che John ha fatto. Attraverso una trama noir, lo spettatore sprofonda insieme a John. Le Florida Keys sembrano un mondo onirico, ma da incubo: la luce sempre virata al verde, e le notti buie ma allo stesso tempo luminose, grazie alla fotografia di Jaime Reynoso. Kyle Chandler ci dà un nuovo protagonista, John, con cui è difficile empatizzare. John fa paura. È disposto a tutto, ora che sa di non essere la persona che ha sempre voluto credere. La tragedia è diventata Southern Gothic.

L’ultimo episodio chiude con un cliffhanger che ci proietta verso una terza stagione, non ancora confermata. Viste le prime due, è naturale aspettarsela eccellente.

Sara M.
8 ½