Microbo e Gasolina, l’ultima fatica di Michel Gondry, all’apparenza può sembrare un’opera più tradizionale, asciutta e convenzionale di quanto l’autore francese ci abbia abituato, soprattutto se paragonata al florilegio d’immagini e suggestioni e all’horror vacui del suo precedente Mood Indigo. In realtà, il realismo e l’asciuttezza di fondo del film, distribuito dalla Movies Inspired, sono solo apparenti e continuamente minate da spinte centrifughe che cercano di spostare la sostanza dell’opera verso l’irreale, l’onirico e la rielaborazione qui ironica e lì più malinconica di una realtà assolutamente quotidiana.

Questa tensione, che agisce in maniera sommessa e gentile tanto quanto efficace, tra il realismo di fondo e le spinte centrifughe che lo minano al suo interno è, del resto, il fulcro del film, tutto giocato sul contrasto tra realtà e illusione e tra quotidianità e aspirazioni. I giovani protagonisti compagni di classe, Microbo e Gasolina, sono due adolescenti per vari motivi un po’ fuori sincrono rispetto ai contesti che li circondano: che sia quello dei loro coetanei, della famiglia, degli status symbol e dei comportamenti e atteggiamenti più conformisti e accettati. Trovandosi, per questi motivi, in straordinaria sintonia, decidono di costruire una “casetta mobile” (cioè, un veicolo a motore addobbato come una casa da giardino) con la quale fuggire e viaggiare lungo le strade di Francia.

Lo schema è quello abbastanza classico del buddy movie mischiato al road movie, che diventa un altrettanto classico racconto di formazione e di presa di consapevolezza adolescenziale. Gli ingredienti tipici ci sono tutti: la noia della provincia, la ragazzina dei sogni, l’incomprensione con la famiglia, il bullismo e l’importanza della grande amicizia come scialuppa di salvataggio. Microbo e Gasolina si differenzia da tanti film dalla tematica simile perché lo sguardo di Gondry si concentra principalmente sulle illusioni e sull’immaginazione; in scena è infatti perlopiù la realtà parallela immaginata e/o sognata dai due giovani, in particolare da Microbo, il vero protagonista. Significative, oltre al racconto del viaggio che occupa la seconda parte – di per sé una magnifica illusione -, sono per esempio le sequenze in cui Gasolina finge che alla mostra dei disegni dell’amico ci sia la folla, o la partita al campetto in cui viene immaginata una telecronaca con Ibrahimovic protagonista.

È come se Gondry narrasse dal punto di vista privilegiato dell’interiorità e della mente dei due protagonisti (che nel bellissimo ed evocativo finale diventano tre); è da questo punto di vista privilegiato che nascono le spinte centrifughe e le tensioni che mettono in discussione il realismo e l’asciuttezza di fondo, e che diventano il punto di forza del film, capace di essere poetico, sincero, coinvolgente e divertente e di rappresentare con incisiva gentilezza l’inadeguatezza e il disagio tipici di quell’età. Non poi così lontane dal malessere sentimentale e dalla disperata fuga dalla realtà provate dalla coppia protagonista di Se mi lasci ti cancello, film tutt’altro che lontano da Microbo e Gasolina.

Edoardo P.
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