Los héroes del mal

Los héroes del mal, disponibile su Netflix, è un po’ il primo giorno di scuola per Zoe Berriatúa, attore e regista di corti che si avventura con personalità in un lungometraggio co-prodotto da Alex De La Iglesia sui dolori – anche fisici – di un terzetto di disadattati a scuola di vita. Sul campo di guerra dell’adolescenza, troppe battaglie si accumulano per il protagonista Aritz: la macchina tritacarne della scuola, con i bulli dietro l’angolo; l’omosessualità latente; il vizietto del taccheggio, finanche la tentazione dell’omicidio. Stride l’assenza della famiglia – anzi, degli adulti; completa il quadro Esteban, l’amico della prima ora (e forse dell’ultima) e Sara, prima solidale perché emarginata, anche lei, come maschiaccio, poi oggetto di pulsione. Riusciranno i nostri eroi a (dis)integrarsi?

Tre per due, perché il film ha una doppia anima: quella di un crudo romanzo di formazione, che non svolta mai e tende a diventare un romanzo criminale, e quella del drammone musicato, infarcito di piroette violente e qualche stereotipo. Se a qualcuno, durante la visione, venisse tentazione di parlare di film verità, per fortuna l’ouverture varrà da memorandum: il prologo col piano sequenza in classe, al principiare dell’anno scolastico, sulle note di The Young Person’s Guide to the Orchestra di Benjamin Britten, è un virtuoso assolo di regia, prima del traumatico incipit con cui subito Aritz viene bollato nella propria solitudine. Vero, non mancheranno i colpi bassi, ma nemmeno i contrabbassi, in una prima parte in cui la colonna sonora – Telemann, Prokofiev, Vivaldi, Khatchaturian – accompagna come un valzer invadente, che pesta i piedi, l’incontro dei tre emarginati, il loro sopravvivere che sfiora il vivere. La levità – dicono – ricorderebbe Jules e Jim, ma nessuno ci leva dalla testa che un presagio incomba, che ci sia troppo cinismo e troppo poco incanto, in quei giornaletti porno consumati nella casa disabitata, o in quei ménage à trois malriusciti, in cui due copulano, e l’altro accenna a una malinconica sega.

Così, tutta la prima parte. La seconda: un abisso. Un romanzo nero, anche se con la fiammella tenue dell’amicizia, quasi la controparte drammatica di un più sorridente omologo spagnolo sempre del 2015, A cambio de nada di Daniel Guzmán. Zoe Berriatúa ha il pregio di non fare nulla per rendere simpatico il protagonista – sofferta l’interpretazione di Jorge Clemente – ed anzi, gioca sull’ambiguità vittima\carnefice, sul vessato che diventa bullo, che ha bisogno di carezze ma accarezza idee delittuose. Il film, allora, si lascia guardare, disturbando, per la curiosità malsana di capire fin quanto, fin dove si cadrà; e coglie nel segno la menzione del Torino Gay & Lesbian Film Festival 2016, che nel premiare Los héroes del mal parla di “commistione di generi cinematografici, che scavano in profondo in modo ironico e cruento il tema della violenza sociale”. Pure, come per tante opere prime, resta in bocca un sapore acerbo, d’irrisolto: cattiva la prima, e bella così, senza buonismi, ma la formazione è in fieri.

Antonio M.Giacomo B.
6 1/27