The Rocky Horror Picture Show

Sono passati ben 43 anni dal debutto del musical The Rocky Horror Show di Richard O’Brien e Jim Sharman, arrivato due anni dopo al cinema come The Rocky Horror Picture Show. Entrato nel pantheon dei musical mitici, ora viene riproposto in una nuova versione dal canale televisivo Fox. Sacrilegio? Niente affatto. La sua concezione di show teatrale, che si può e si deve perpetuare con nuove scenografie e interpreti, rende lecita una nuova versione filmata.

Un remake del film o un nuovo adattamento del musical dal vivo? Le due cose si equivalgono, e sul gioco “con picture o senza picture nel titolo” si fonda questo nuovo Rocky Horror. Connessioni e interscambi tra teatro e cinema fanno parte del background stesso del musical: lo spettacolo è pieno di riferimenti ai film classici di fantascienza con l’incipit (Science Fiction Double Feature) della maschera (usherette), sostituita nel primo film dalle iconiche labbra rosse su fondo nero; e negli anni è nata una forma intermedia tra spettacolo e film con la “audience partecipation”, il pubblico al cinema che interagisce con battute prefissate con la proiezione. La consapevolezza di tenere insieme questi registri è il merito di questo remake.

La usherette torna a essere la maschera del cinema, ma sui titoli di coda ci saranno non una ma ben due bocche su fondo nero, e passerà in carrellata tra le locandine dei film elencati nella canzone. Arriva il pubblico in questa sala retrò dagli interni decorati e stuccati e il film inizia sullo schermo, ma gli spettatori torneranno ad apparire e interagire, a mettersi il giornale in testa o il cappellino da party, a lanciare la carta igienica. Ma il castello, il “Frankenstein place” è lo stesso palazzo del cinema, il suo salone, è una cabina cinematografica, con pizze e poster, mentre la cassapanca da cui esce Rocky è quella stessa dei gelati dove passa la usherette all’inizio. Realtà e sogno si mescolano ancora di più. Proprio nello spettacolo il cui messaggio è “don’t dream it, be it”, un inno alla liberalizzazione sessuale lanciato negli anni Settanta, un invito a esprimere i propri istinti autentici, repressi da una società rigida con i suoi schemi prefissati simbolizzati dalla coppietta di giovani il cui destino inevitabile è il matrimonio borghese. Questa nuova versione sottolinea come questo messaggio sia ancora valido. Una bandiera arcobaleno sullo sfondo del Time Warp, un accenno nella scena della piscina a un sensuale bacio tra Brad e Rocky, ma dove subentra subito Janet: l’amore libero, la massima libertà di declinarlo nello spirito autentico del Rocky Horror.

Il film esibisce tante strizzate d’occhio ai fan, come la lapide di Mary Shelley con l’epigrafe “There’s a light”, strofa della canzone “Over at the Frankenstein Place”; mentre torna Tim Curry, lo storico Frank-N-Furter, qui come narratore mentre nei panni del sweet transvestite l’attrice transessuale Laverne Cox che brilla in una nuova scena, ma già di alcune versione teatrali, calata dall’alto, maliarda e sensuale, nella mano di King Kong.

Giampiero R.Sara M.
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