Il dramma della perdita di memoria individuale come metafora della rimozione della Storia, e dei suoi misfatti, da parte di un’umanità traumatizzata, e la necessità di ricordare il passato come unica soluzione per vivere un presente migliore: su queste coordinate si muove Atom Egoyan per il suo nuovo film, Remember, presentato a Venezia 72, che si avvale di un cast di fuoriclasse over 70 fra i quali spicca Christopher Plummer nel ruolo del protagonista. Plummer interpreta Zev Gutman, un vecchio ebreo sopravvissuto ad Auschwitz, che accetta l’incarico da parte dell’ex compagno di prigionia Max Rosenbaum (Martin Landau) di regolare i conti con Rudy Kurlander, l’ufficiale nazista che sterminò le loro famiglie: peccato che Zev sia affetto da un principio di demenza senile, che lo costringe ad annotarsi tutto su carta per portare a termine la missione, e che ben quattro persone portino il nome di Kurlander.

Costruito come un revenge movie, è in realtà molto di più di un semplice thriller, inserendosi alla perfezione nella filmografia del regista di origine armena per la sua capacità di approfondire temi – il precario confine tra realtà e menzogna, fra rimozione del vissuto e interpretazione di un personaggio, fra vittime e carnefici – già presenti in numerose sue opere precedenti, in particolare in Ararat – Il monte dell’Arca (che aveva fra i protagonisti lo stesso Plummer), con la differenza che, trattandosi allora di una storia corale mentre qui vi è un protagonista assoluto, la riflessione trova un respiro più ampio. Forte di una sceneggiatura da sospensione dell’incredulità ma, in fondo, pienamente soddisfacente, che sfocia in un colpo di scena da pugno nello stomaco, il film ha momenti di tensione efficacissima (il confronto con lo sceriffo impersonato da Dean Norris, nazista di seconda generazione) che si alternano ad altri di grande sensibilità (la rivelazione dell’identità del più indifeso dei Kurlander, interpretato da Heinz Lieven), cancellando ogni sospetto di banalizzazione del dramma dell’Olocausto a mera vendetta personale. Si potrebbe, infatti, sostituire il genocidio degli Ebrei con quello degli Armeni (già al centro di Ararat), che la sostanza non cambierebbe: a Egoyan interessa mostrare come l’umanità sia ormai assuefatta a non ricordare, e come man mano che si riscopre la verità emerga un rimosso sempre più terrificante.

Stranamente, il solo punto debole del film si rivela una regia fin troppo convenzionale, con soluzioni visive non sempre convincenti (poco credibile il trucco di Jurgen Prochnow, unico fuori posto in un cast altrimenti perfetto) che finiscono col sottrarre forza all’apparato narrativo. Splendide, al contrario, tutte le caratterizzazioni, da un eccelso Plummer, al tempo stesso fragile e inquietante, e pronto a trasformarsi da vecchio tremebondo a macchina omicida, a un altrettanto grande Landau, stratega ancora lucido benché costretto su una sedia a rotelle. Il braccio e la mente di una resa dei conti che appassiona e fa riflettere, malgrado un incipit su cui ben pochi avrebbero scommesso.

Davide V.
7 1/2