Gilmore Girls

La cancellazione di una serie è un evento luttuoso per i fan e fastidioso per chi vorrebbe almeno sapere come finisce la storia che sta seguendo. Le trame lasciate in sospeso deludono il pubblico: un finale vero dà quel senso di completezza che la nostra mente esige, senza il quale percepiamo come inutile il tempo passato a guardare la televisione.

Ma a volte una serie cancellata può essere recuperata da un altro network. Da un po’ di tempo il salvataggio avviene da parte delle piattaforme on demand. È clamoroso il recente annuncio di Netflix riguardo alla ripresa di Una mamma per amica. Il servizio si è già occupato di produrre nel 2013 la quarta stagione del cult Arrested Development, cancellato nel 2006 e attualmente ancora in attesa di un proseguimento; ha salvato Longmire dall’oblio; e ha raccolto The Killing dalla AMC per i sei episodi conclusivi del 2014.

Che una serie venga rilevata da altri non è una novità. Succedeva anche prima (per esempio Medium, da NBC a CBS), e tutt’ora non è una pratica a esclusivo appannaggio on demand. Uno show può tornare sulla sua stessa rete: Heroes è Reborn ancora su NBC, 24 è riapparso su Fox e The Comeback su HBO, dopo ben dieci anni. Ma il meccanismo oggi sta cambiando proprio come la televisione, che si sta trasformando nello streaming.

Queste piattaforme stanno modificando la fruizione dei prodotti seriali, mentre per loro si aprono delle aree di mercato dove può essere un buon investimento produrre una serie che altrove non porta a casa il risultato. The Mindy Project, morto per Fox, non ha faticato ad accasarsi con Hulu, che per ora non si lamenta. Non è andata altrettanto bene con Community: un dirigente di Yahoo! Screen ha dichiarato in questi giorni che il suo recupero ha fatto perdere 42 milioni di dollari alla compagnia.

Problemi di copyright e rating bassi hanno segato le gambe persino ad Hannibal: nonostante il polverone sollevato dai fan tra petizioni e hashtag #SaveHannibal, nessuno si è fatto avanti. Il caso ha evidenziato però l’atteggiamento del pubblico, che non vede più la cancellazione come un dato definitivo, perché per qualche mese può succedere di tutto. Insomma, se Firefly finisse oggi, forse arriverebbe davvero Netflix ad adottarlo.

È vero anche che il destino di una serie è segnato da come la rete gestisce il proprio palinsesto; si pensi al caso Fringe, “suicidato” da Fox che lo spostò al venerdì, giorno nero per la tv noto anche come “dead slot”, cimitero delle serie. Viceversa, a volte uno show viene rinnovato anche se ha risultati pessimi, al solo scopo di raggiungere i 88-100 episodi necessari per la syndication.

Quando si entra nel limbo della cancellazione-resurrezione, c’è da chiedersi cosa significhi: è la serie che è stanca, o non viene compresa? L’accanimento terapeutico serve a qualcosa? E mentre i fan si angosciano, le reti si domandano se possono ancora spremere qualche dollaro dalla loro creatura – o da quella abbandonata da qualcun altro.