Quest’anno sono davvero poche le stelle a brillare sul red carpet della Festa del Cinema di Roma. Una festa e non più un festival: già il nome ridimensiona il clima mondano e festaiolo che aveva caratterizzato la manifestazione negli anni passati. Stavolta poca apparenza e tanta sostanza. L’impressione è confermata dalle pellicole in programmazione.

Tra le proposte più interessanti, c’è senza dubbio l’ultimo lavoro di Lenny Abrahamson, Room, tratto dal bestseller di Emma Donoghue. Il regista di Frank porta sullo schermo tanta poesia e forti emozioni. È la storia di una donna tenuta in ostaggio per sette anni con suo figlio Jack, che in quella stanza-prigione è nato e cresciuto e che è convinto che oltre il suo microcosmo non esistano altro che i sogni. Il piccolo Jack vive nella stanza a suo agio, come se si trattasse di un grembo materno, in una realtà senza tempo da cui evade con la fantasia, guardando attraverso un lucernario, unica fonte di luce naturale che punta dritta al cielo. Nessun grande nome nel cast, ma non passa inosservata l’interpretazione intensa ed emozionante dei due protagonisti, Brie Larson e Jacob Tremblay. La prima parte del film convince, ma a metà strada la storia perde di intensità e indugia forse troppo sul difficile reinserimento nel mondo di madre e figlio senza mai approfondire in maniera tangibile il dramma del ritorno alla vita dopo un buio di sette anni. Il film di Abrahamson è in uscita nelle sale italiane il prossimo 3 marzo e merita sicuramente la visione.

Da segnalare anche il film della regista polacca Kinga Dębska, These Daughters of Mine. Il fulcro della storia è la perdita dei genitori, tema trattato recentemente anche da Nanni Moretti in Mia madre. Anche in questo caso, la protagonista lavora nel mondo del cinema (è un’attrice) e si trova ad affrontare con la sorella l’imminente dipartita della madre, ricoverata in ospedale. Una carrellata di drammi esistenziali e conflitti familiari seguiti da un’altalena di speranza e rassegnazione. Le due sorelle, Marta e Kasia (Agata Kulesza e Gabriela Muskala), non potrebbero essere più diverse. Scostante e razionale la prima, emotiva e fragile la seconda. Sembrano due eroine austeniane, la ragione e il sentimento, catapultate nel mondo moderno. Alla triste condizione della madre si aggiunge quella del padre, ugualmente malato. La vicenda è uno spaccato di vita nel quale tutti possiamo identificarci. Una serie di riflessioni sul prima e il dopo, ovvero come far fronte al vuoto lasciato da chi ci ha generato e rappresenta le nostre radici. Dal punto di vista tecnico, è apprezzabile la fotografia che mira a composizioni essenziali, sequenze lunghe e campi larghi che danno come risultato una calma osservazione della realtà. Il film ha un non so che di già visto (forse complice il ricordo ancora vivido del film di Nanni Moretti), però risulta in ogni caso godibile, se si tralascia qualche momento in cui l’azione rallenta eccessivamente. Il film uscirà in Italia il 15 gennaio 2016. Segnatelo in agenda.

Scritto da Fabiana Errico.