Una sola parola per definire la stagione 6 di Game of Thrones: gratificante. Nel 2016, la serie tratta dai romanzi di George R. R. Martin ha raggiunto il suo apice e punto di svolta. Primo dei suoi pregi, aver corretto i torti della stagione precedente, a cominciare dalla noia. Ma non solo quello.

L’anno scorso si è discusso riguardo alla misoginia dello show, specie riguardo all’arco narrativo di Sansa Stark. In breve, Sansa veniva stuprata e torturata da Ramsay, ma sullo schermo questo diventava l’innesco delle motivazioni di un altro personaggio, Theon. Una violenza che molte persone hanno giudicato non necessaria. Lo show non era estraneo a controversie di questo tipo, basti pensare a quella della quarta stagione, quando Jaime abusava di Cersei.

Cosa è cambiato nella stagione 6? Sotto questo aspetto, tutto. Finiti gli stupri, i personaggi femminili hanno fatto percorsi caratterizzati dall’autonomia nelle decisioni, e, per molte, dal successo delle imprese. Sansa, Arya, Daenerys, Cersei, Brienne, Yara: ruoli chiave nella stagione, ciascuna con la sua missione. Sansa salva la situazione, riconquistando casa e compiendo la sua vendetta; Brienne mantiene la promessa fatta a Catelyn Stark; con Yara abbiamo visto la prima vera lesbica di Westeros stringere un patto con una regina. Daenerys brucia i suoi nemici e parte alla volta dei Sette Regni, mentre Arya, completato l’addestramento, si libera del suo mentore e torna in patria, assetata di sangue e sicura della propria identità.

La svolta decisiva è però quella di Cersei. Con la morte di Ramsay Bolton si è creato un vuoto di potere nello show: non c’è più un cattivo. I White Walker sono una minaccia, una forza della natura; ma sono stati personaggi come Joffrey e Ramsay, supportati dai vari Tywin e Roose, a ricoprire il vero ruolo del villain: volto, voce, strategia, e la perversione delle loro menti. Ora è venuto il momento di Cersei, personaggio antieroico dagli albori della serie. Capelli alla Giovanna d’Arco, veste nera, spalline metalliche e sguardo impassibile, in qualche fotogramma sembra quasi una strega Disney. Fa pensare anche a Tamora, regina nel Tito Andronico, tragedia shakespeariana sanguinaria, quella a cui Game of Thrones somiglia di più. Tant’è che Cersei si siede sul trono di spade, per l’incoronazione più lugubre della storia di Westeros. Non più regina madre, non più moglie del re; Cersei è diventata la Regina, e basta. Il suo potere distruttivo non ha limiti; è un personaggio che non ha più niente da perdere. Come dice Gillian Flynn – l’autrice di Gone Girl – abbiamo bisogno di villain femmine, violente, cattive e potenti. E ora Cersei è la più spaventosa.

La stagione 6 ci ha regalato momenti tra i più alti di Game of Thrones. Le sequenze della battaglia dei bastardi e il tesissimo finale fanno perdonare sviste come il teletrasporto dei personaggi da un continente all’altro e gli spiegoni ricorrenti. Aspettiamo con pazienza l’anno prossimo, quando il conflitto investirà Westeros con fuoco e fiamme.

Sara M.Davide V.
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