AltrodiBlogger Erranti,21 maggio 2013
Privet, Kino! – Cargo 200: la recensione
Viaggio tra le macerie di un mondo sommerso
Scritto e diretto da Aleksej Oktjabrinovič Balabanov, Gruz 200 (Cargo-200, 2007) è un film basato su fatti reali, riflesso di alcune esperienze personalmente vissute dal regista tra il 1981 e il 1983. La pellicola può essere considerata come testimone emblematico di quell’“anestesia della moralità” caratteristica di certe frange della società sovietica, un fenomeno acuitosi proprio nell’ultimo decennio dell’esistenza dell’Urss.
Il film si apre con il dialogo tra due fratelli, il colonnello Michail (Jurij Stepanov) e Artёm Nikolaevič Kozakov (Leonid Gromov), titolare della cattedra di ateismo scientifico presso l’Università di Leningrado. Già in questa scena sono contenuti i nuclei tematici più importanti per capire non solo i successivi eventi, ma l’intera pellicola. Michail, infatti, menziona la guerra in Afghanistan (1984), addolorandosi per il fatto che sono già morti ventisei soldati sovietici, rispediti in patria in bare simili a casse di legno, il famoso “gruz” (letteralmente, “carico”) del titolo. Artёm, invece, commenta con rammarico il modo in cui sono cambiati i giovani rispetto alla loro generazione, che al contrario era seria e dedita al lavoro:
Slavik mi preoccupa. Questi ragazzi, Miša, sono diversi da noi. Io non lo capisco. Noi abbiamo sempre lavorato sodo, lui ha avuto tutto, e anche di più. Ma non ci rispetta, anzi, ci disprezza.
Dopo aver fatto visita al fratello, Artёm se ne va, ma a causa di un guasto meccanico alla sua auto è costretto a fermarsi per cercare aiuto. Si avventura quindi in campagna (n.b.: le campagne russe sono davvero sconfinate!), raggiungendo infine un’abitazione isolata nei pressi di Kaljaevo. Qui intrattiene una conversazione filosofica su Dio e sull’anima con Aleksej Nikolaevič Belov (Aleksej Serebrjakov), padrone di casa e produttore di vodka. In seguito a questo “scontro” tra razionalismo sovietico e il genuino punto di vista di un russo, Artёm riesce a farsi riparare la macchina e riparte, per poi tornare dal fratello. Poco dopo da Aleksej arriva Valera (Leonid Bičevin), fidanzato della nipote di Artёm. Il ragazzo, spintosi fin lì per acquistare altri alcolici, è con Anželika (Agnija Kuznecova), figlia del Segretario Regionale del Partito. Valera e Aleksej si ubriacano fino a svenire, mentre Anželika viene chiusa dalla moglie di Aleksej Antonina (Natalija Akimova) nella banja, ritenuta un luogo sicuro. Qui, nonostante il collaboratore vietnamita di Aleksej Sun’ka (Michail Skrjabin) tenti di difenderla, finendo ammazzato, la ragazza viene violentata con una bottiglia da Žurov (Aleksej Polujan), capitano della polizia che aveva un conto in sospeso con Aleksej. La mattina successiva Anželika viene ammanettata e portata da Žurov a casa dalla madre, una donna possessiva e alcolizzata. Sarà l’uomo ad avvisare la polizia dell’omicidio, allontanando da sé i sospetti non solo con la chiamata, ma anche con l’arresto di Aleksej, accusato dell’uccisione di Sun’ka. Per questo crimine mai commesso, l’uomo verrà sommariamente giustiziato, nonostante i tentativi fatti da Antonina per convincere Artёm a testimoniare per scagionarlo. Nel frattempo, il padre di Anželika si attiva per ritrovare la ragazza, ma anche questo caso viene intercettato da Žurov. Disgraziatamente, a Žurov viene dato l’incarico di sistemare l’ultimo cargo 200 arrivato in città, contenente il corpo del fidanzato di Anželika. Grazie alla sua posizione, il poliziotto continua a tener segregata Anželika a casa sua, sottoponendola ad ogni tipo di umiliazione e violenza, fisica e psicologica (che vi risparmiamo). Ma questa situazione, così come il regime sovietico, non è destinata a durare per sempre.
Nella seconda parte del film si avverano le fatidiche parole da Aleksej, che acquistano una forza inedita proprio perché pronunciate sotto i fumi dell’alcol (in vino veritas): “Dio non esiste, allora tutto è permesso”. Questa logica, che lui aberrava, trova compimento nelle azioni di Žurov; ma è errato, secondo Balabanov, credere che qualcosa cambierà dopo l’Urss, a parte qualche rara eccezione. Artёm, che prima rappresentava l’inossidabile ateismo sovietico, alla fine decide di convertirsi all’ortodossia, probabilmente spinto dal peso delle sue colpe. Se, nel caso di Artёm, emerge un barlume di conflitto morale, lo stesso non accade per le nuove generazioni. Dopo essersi dato alla fuga, Valera rimane incensurato. Invece di provare rimorso per la scia dei fatti criminosi che il suo atto sconsiderato ha causato, il ragazzo discute con Slavik sulle grandi possibilità di guadagno che il traffico illecito offre. Una conversazione, questa, che anticipa gli sconvolgimenti degli anni Novanta. Mutatis mutandis.
Dopo aver visto il film si può ben comprendere il giudizio che ne dà il Morandini 2011:
Il film più cupo e pessimista dopo il crollo dell’impero sovietico; film geniale, terribile come la morte. Film non per chi comprende ma per chi ricorda.
A causa dei suoi contenuti crudi, e talvolta macabri, Gruz 200 è stato escluso sia dal Festival di Cannes sia dal Festival di Berlino, ma è stato presentato al Festival di Venezia come film d’apertura delle Giornate degli Autori. L’argomento della pellicola aveva già dato problemi sin dall’inizio, a partire dal casting: diversi attori hanno infatti rifiutato la parte di Žurov, che alla fine è stato interpretato dall’ottimo Aleksei Polujan, deceduto pochi anni più tardi (2010). Nonostante le difficoltà, il film può vantare un’impeccabile recitazione da parte di tutti gli artisti coinvolti. Ottima anche la fotografia di Aleksandr Simonov, che consente allo spettatore di immergersi nell’atmosfera di un’Urss ormai decaduta. Si nota infine un’incredibile cura volta alla ricostruzione fedele della quotidianità sovietica, evidente già dalla scena iniziale in cui il colonnello siede a tavola con il fratello mangiando vobla (pesce essiccato) e bevendo birra nell’irrinunciabile – e indistruttibile – granennyj stakan (bicchiere a faccette).
Un lungometraggio certamente non facile, ma indispensabile per accostarsi ad un mondo sotterraneo ormai (forse?) perso. Se ve la sentite, QUI potete vedere il film per intero, in russo.
Scritto da Irina Marchesini.
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Ma, nella storia reale, la ragazza è morta o è stata ritrovata viva ?