Amy Schumer è senza ombra di dubbio una fra le più interessanti voci comiche emerse nel mainstream americano degli ultimi anni: comicità sboccata, velocità e sintesi di esecuzione, argomenti controversi (soprattutto riguardanti gli stereotipi di etnia e di genere) sono tutti elementi che hanno fatto di Schumer un pungolo divertente quanto dibattuto nel panorama televisivo americano – non aver visto Football Town Nights o il remake di 12 Angry Men significa essersi persi due fra i pezzi più significativi della tv statunitense degli ultimi tempi.

Scritto dalla stessa Schumer, Un disastro di ragazza si inserisce, rinnovandola sotto certi aspetti, nella tradizione delle commedie romantiche ‘meregane degli anni zero. La parabola dolce e, vista la protagonista-sceneggiatrice dell’opera, dal tono sorprendentemente conservatore di una giornalista tutta gossip e divertimento che si trova all’improvviso di fronte all’amore sobrio e tranquillo, e per questo destabilizzante, di un buon dottore dello sport (un versatilissimo Bill Hader che si sta ritagliando una carriera cinematografica di tutto rispetto), si lascia vedere con estrema facilità, grazie a un buon cast e a uno sviluppo dei personaggi che, nella sua scontatezza, viene salvato dal continuo fuoco di battute e situazioni ciniche nelle quali Schumer naviga con sicurezza.

La presenza di Judd Apatow alla regia si sente e si vede, purtroppo non sempre in positivo: se la gestione del tutto è discretamente sommessa e al servizio degli attori (sorprendenti, da questo punto di vista, le performance di John Cena e di LeBron James, palazzi di muscoli che si inseriscono con agio nei ruoli stranianti del fidanzato troppo-forse-davvero-troppo sensibile e dell’amico del cuore), i passaggi di scena sono fiacchi e quasi casuali, senza una vera e propria coerenza nel loro succedersi. Inoltre, a una Schumer attrice brillante e versatile, efficace nel cambiare continuamente registro con credibilità (basti vedere la scena del funerale), fa da contraltare una pellicola decisamente troppo allungata, infiocchettata di sottotrame che, per lo più, si risolvono in vicoli ciechi inutili e superflui (il film nel film con il cameo di Daniel Radcliffe, giusto per fare un esempio, può essere divertente nel suo prendere in giro certo cinema autoriale, ma non va da nessuna parte); e se anche alcuni ruoli risultano satirizzati o rovesciati con maestria, il film si chiude con un compromesso da buon senso comune, con un vero e proprio ritorno all’ordine che, sì, rappacifica i personaggi, ma lascia un po’ deluso e costernato lo spettatore.

Gualtiero B.
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