Perché Better Call Saul dovrebbe piacervi quanto Breaking Bad
Come espandere un universo ingombrante e riuscirci benissimo
È impossibile restare indifferenti al personaggio di Saul Goodman fin dal momento in cui compare, nell’episodio 2×08 di Breaking Bad (da qui in avanti BB): è kitsch, divertente, con un’etica più che flessibile e un linguaggio colorito punteggiato di assurde metafore fatte apposta per essere citate all’infinito. Anche lui verrà trascinato nel fiume di caos innescato da Heisenberg: il futuro senza speranza che lo attende è richiamato nelle sequenze iniziali delle due stagioni di Better Call Saul (da qui in avanti BCS), la serie che ha prolungato l’universo di BB flettendolo all’indietro, con tutto il peso dell’ingombrante predecessore da gestire.
Il primo colpo di genio di Vince Gilligan, Peter Gould e degli autori dello spin-off è stato deviare sia dalla linea comica, sia dalla grandiosità tragica e grafica di BB verso qualcos’altro, che usa sia la lentezza (al contrario di BB), sia il dettaglio (come BB) per costruire un percorso di cui conosciamo solo il punto d’arrivo. Tralasciando per un attimo la differenza di scala, possiamo dire che sia Walter White che Jimmy McGill affrontano percorsi individuali verso un assottigliamento dell’etica che coincide paradossalmente con l’allineamento della persona al proprio vero io: ma se Walter è mosso dalla disonestà con se stesso e con gli altri e da un cupo e distruttivo sentimento di rivalsa, Jimmy ha a che fare con la frizione tra la sua natura di affabile con-man – che conosce e accetta – e le aspettative familiari e sociali con cui è costantemente costretto a confrontarsi.
Il secondo colpo di genio è circondare Jimmy di personaggi secondari con una propria complessità che la serie esplora progressivamente: come in BB, nonostante il protagonista assoluto sia dichiaratamente uno, i comprimari sono fondamentali, in questo caso addirittura necessari a illustrare la vita e le scelte di Jimmy McGill. E se i personaggi di BB tendevano a crescere in funzione della vicinanza a Walter, quelli di BCS sorprendono per la propria individualità: su tutti il fratello Chuck, la cui caratterizzazione si precisa e cambia nel corso dell’intera prima stagione; e Kim Wexley, che nella seconda stagione emerge con forza come vera co-protagonista e perfetta controparte di Jimmy. E poi c’è Mike: già forte di uno status di icona immutabile e crepuscolare nella prima serie, in BCS rappresenta la connessione diretta con l’universo criminale che si trova all’intersezione delle due. Così Mike può permettersi plot paralleli che fanno da pressante contrappunto alle vicende legali di Jimmy, e risuonano di quel senso di predestinazione che aleggia su tutti i personaggi che conosciamo.
BCS trova insomma un miracoloso equilibrio tra il legame con la serie madre e un’identità propria che non assomiglia a nient’altro. Rimane il dubbio se sia altrettanto godibile per chi non ha visto BB: sulla carta la storia ha tutte le carte in regola per viaggiare sulle proprie gambe ed essere fruibile da un neofita, ma è innegabile che la conoscenza della serie precedente attiva una stratificazione di echi, confronti, indizi che rende l’esperienza più appagante.