Il rinnovato Hotel Transylvania ospita mostri e umani sotto lo stesso tetto. In questo humus culturale nasce il piccolo Dennis – figlio dell’unione tra la vampira Mavis e il cisgender Johnny – dolce e tenero quanto basta da preoccupare nonno Dracula, allarmato dall’indole poco vampiresca del nipote. In alternativa al residence per mostri, infatti, anche l’appartamento borghese dei nonni paterni è pronto ad accogliere il nuovo arrivato.

Meglio crescere il piccolo in Transilvania o nel classico quartiere da classe media americana? Questione di prospettive: da un lato c’è Dracula e il suo tentativo di far crescere i canini al fanciullo, dall’altra abbiamo la goffa ricerca dei nonni Mike e Lisa di creare un focolare domestico “misto” politicamente corretto. I due nuclei familiari diventano così stereotipi pregiudizievoli in cui veicolare la metafora della diversità e dell’accettazione, nonché specchio di proiezioni genitoriali autoreferenziali.

Il resto si riduce a una serie di sketch da physical humor – influenzati dalla sensibilità comica dello sceneggiatore e doppiatore Adam Sandler – basati sull’omologazione dei personaggi, a loro volta privi di quelle caratterizzazioni spettrali che hanno decretato la riuscita del primo film. Intendiamoci: si ride pure in questo sequel, anche se le gag oscillano tra scenette già collaudate altrove e contrapposizioni generazionali, semplici semplici, pensate per far sorridere soprattutto un pubblico di giovanissimi. Il target, d’altronde, sembra quello preadolescenziale, a differenza del precedente capitolo che ha dalla sua la godibile atmosfera da commedia romantica per young adult.

Da vedere in lingua originale per godere delle voci di Andy Samberg, Mel Brooks e altri comici statunitensi. L’albergo riaprirà nel 2018 senza la direzione di Genndy Tartakovsky, perché, ça va sans dire, ormai è solo box office.

Giacomo B.
6 1/2