Se penso alla mia prima telenovela…penso a Kyandi Kyandi, da noi Candy Candy, di Yumiko Igarashi. Non a caso l’orfanella Candy e la sua lunga odissea alla ricerca prima di una famiglia comprensiva, poi di un amore troppo spesso ostacolato, arriva sugli schermi italiani nel 1980, insieme alle prime telenovele sudamericane e ai primi sceneggiati americani. A dire il vero Candy Candy più che a una telenovela classica ricorda l’impianto del romanzo rosa europeo, con la differenza che qui sono soprattutto le donne le protagoniste della vicenda mentre gli uomini agiscono come figure di contorno. Come il più tipico feuilleton, l’ambientazione è a cavallo tra l’Ottocento e i primi del Novecento, e in molti momenti la storia assume connotati del romanzo storico.

Nell’arco delle 115 puntate della serie si mettono in evidenza le ingiustizie dei collegi “vecchio stile” e l’importanza di andare sempre avanti con coraggio e dedizione; viene dato spazio alla Guerra vissuta in tutta la sua tragicità dalla protagonista che perde affetti importanti e vive in prima persona il dramma dei feriti e dei bombardamenti come infermiera; l’amore e l’amicizia, ma anche le rivalità e le scorrettezze sono al centro della vicenda. Candy Candy ci presenta dunque gli alti e bassi della vita e la vicenda ruota attorno a una protagonista che combatte contro le sue debolezze e le ingiustizie del mondo per proteggere i propri affetti e raggiungere una felicità che non è mai scontata.

Naturalmente il fatto che la serie fosse indirizzata a un pubblico infantile e adolescenziale fece sì che le autrici prediligessero la via della facile comprensibilità narrativa e psicologica: si rivela decisamente populista nell’opporre una protagonista di umili origini ma dalla profonda ricchezza interiore, a una classe aristocratica meschina e invidiosa; i personaggi sono strutturati sulla base di coppie complementari e oppositive (la timida Annie è complementare all’estroversa Candy, Anthony è gentile mentre Terence è aggressivo).

Candy Candy è di fatto il primo anime per ragazze ad arrivare in Italia e nonostante tracci dei percorsi tematici volutamente semplici, questa soap ante litteram guadagna i favori del pubblico e crea intorno a sé un giro di affari notevole: bambole, cartelle, dischi e soprattutto il grande successo editoriale della rivista Candy Candy.
Questa rivista è il primo vero e proprio fenomeno editoriale legato ai manga in Italia e la Fabbri, che la da alle stampe, è del resto la prima casa editrice a usare materiale originale giapponese. Il successo è tale che il giornale continua a essere pubblicato anche quando l’entusiasmo per la serie omonima è scemato.

La formula del giornalino di Candy era in realtà piuttosto semplice: una ventina di pagine del manga di Candy Candy, colorate da Ugo Pietrafitta, e tutta una serie di rubriche che si immaginavano gestite dai vari personaggi della storia. Presto il settimanale è affiancato da un mensile (Candy Candy come alla TV) e da una raccolta (Le avventure di Candy Candy).

Il successo complessivo è enorme e Mariarosa Rosi, direttrice della rivista, ricorda in un’intervista del 1999 che “in redazione arrivarono in breve quarantamila lettere di bambini entusiasti di Candy e sul fenomeno fu anche pubblicata una tesi di laurea”. Nella sua storia editoriale Candy Candy subisce anche alcuni restyling e si trasforma prima in Candy Candy Tv junior assorbendo la testata ERI e infine in Candyissima.

Nel frattempo la Fabbri si era attrezzata con il marchio Fabbri Felicità per produrre articoli di cartoleria e gadget che potessero rispondere alla domanda sempre crescente dei telespettatori. La Polistil da parte sua lanciò sul mercato svariati modelli di bambole ispirate al personaggio di Candy.

La storia dell’orfanella dai codini biondi, sempre accompagnata dal suo fedele procione, conquista il pubblico e se andate a rivedervi qualche puntata di questo romanzo sempre a cavallo tra rievocazione storica e sentimentale, vi accorgerete che introduce molti dei temi presenti nelle saghe di successo degli ultimi anni. Ve ne dico alcuni, vediamo se li riconoscete: il collegio pieno di luoghi e amori segreti; la corsa verso il successo nel mondo dello spettacolo; la riscossa della “povera bruttina” ma con cuore e talenti contro una società di belli, ricchi, ma vuoti; giovani di buona famiglia scaraventati nell’inferno della guerra…potrei andare avanti ma lascio a voi il divertimento di continuare. Perché Candy Candy è una, nessuna e centomila storie.

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