Rumiko Takahashi… di nuovo? Sì. Perché la “principessa dei manga”, come la chiamano i Giapponesi, non è solo la maestra della commedia sentimentale fantascientifica o fantasy, come dimostrano Ranma, Lamù e Inuyasha. Rumiko è anche, e soprattutto, una vera antropologa del quotidiano, capace di svelare le pulsioni sotterranee che muovono i giovani giapponesi, squarciando con ironia sottile quella patina invisibile ma rigida che le nasconde. Nell’86 la celebre mangaka propone una storia in cui la quotidianità e l’ambiente scolastico sono al centro della narrazione: Maison Ikkoku (Cara dolce Kyoko), traducibile come “la casa dell’attimo fuggente”.

Alla base di Maison Ikkoku è la vita quotidiana di un gruppo di personaggi che vivono in un edificio di mini stanze e di spazi da gestire in comune, un tipo di abitazione molto diffuso in Giappone negli anni Settanta. Ognuno dei protagonisti rispecchia un particolare gruppo sociale e l’interesse della serie sta proprio nella difficile convivenza di culture e stili di vita diversi: Kyoko è una giovane vedova che, in una società in cui la donna è ancora profondamente discriminata, cerca di affermare la propria indipendenza dal mondo maschile; Godai è un “ronin” cioè uno studente che, una volta finito il liceo, passa un anno a studiare per il difficile esame di ammissione all’università; Yotsuya è il tipico impiegato giapponese che vive socialmente alienato.

Maison Ikkoku si rivela anche un formidabile specchio delle difficoltà relazionali sperimentate dal giapponese medio. Il lavoro dai ritmi serrati e logoranti, la scarsa considerazione posta nella donna, i matrimoni combinati, i vincoli dovuti al rango sociale, le convenzioni millenarie sono tutti ostacoli che impediscono al giovane giapponese di crearsi una vita sentimentale: Maison Ikkoku sottolinea e riprende tutti questi aspetti, presentando storie d’amore travagliate, giocate sull’indecisione delle parti, sull’incapacità di dichiararsi e sulla difficoltà di trovare spazio per i sentimenti in una società che chiede all’individuo una dedizione assoluta per il suo lavoro. La storia creata da Rumiko Takahashi è profondamente legata al substrato culturale e sociale giapponese e risulta tanto più intensa e realistica perché mostra i personaggi calati nelle loro realtà lavorative e sociali.

Di fatto Maison Ikkoku potrebbe essere letta anche come la storia del difficile inserimento del giovane giapponese medio nella realtà lavorativa del suo Paese: Godai è costretto a sperimentare in prima persona la spietata selettività del sistema scolastico giapponese e deve scendere a compromessi con se stesso e con la propria etica per potersi mantenere.

La più grande sfida per i protagonisti non è più combattere contro alieni minacciosi o spiriti demoniaci, ma riuscire ad inserirsi nella moderna società giapponese senza rinunciare a se stessi e ai propri sentimenti.

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