La Lucky Red continua la riedizione sul grande schermo delle opere del maestro giapponese dell’animazione Hayao Miyazaki, i cui lavori sono stati distribuiti (dopo un passaggio in home video) sulla scia del successo de La città incantata e de Il castello errante di Howl, garantendo all’intera carriera dell’autore la soddisfazione, per quanto tardiva, di una breve esistenza anche nei cinema italiani. Quest’anno è il turno di Kiki consegne a domicilio, prodotto nel 1989 e quarto film sfornato dallo Studio Ghibli.

Kiki è una piccola strega, che all’età di tredici anni lascia le terre natali per trasferirsi in un luogo in cui compiere l’anno di apprendistato da strega. Vuole il mare e perciò sceglie di stabilirsi in un’affascinante città costiera. L’entusiasmo iniziale è presto raffreddato dal disinteresse diffuso e dal ritmo frenetico cittadino. Uniche eccezioni all’indifferenza: un suo coetaneo con il ciuffo stile Tin-Tin e una giovane panettiera con il suo compagno di poche parole. Quest’ultima le offre ospitalità e la convince a usare la sua capacità di volare sulla scopa per fare consegne a domicilio. Inizia così la nuova attività di Kiki, con le conseguenti disillusioni, con le difficoltà – lavorative e sentimentali – a cui seguono le soddisfazioni e con l’evoluzione e la presa di consapevolezza della giovane protagonista.

Kiki consegne a domicilio è, appunto, un semplice e lineare racconto di formazione, una poetica descrizione del passaggio dall’infanzia a un’età più matura e consapevole, simboleggiata anche dallo smarrimento di alcuni poteri magici: nonostante Kiki possa volare su una scopa e riesca a parlare con un gatto, la vicenda, soprattutto se paragonata alle altre opere di Miyazaki, è paradossalmente quasi realista, (quasi) priva dei tipici riferimenti all’immaginario fantastico e mitologico. Contano qui, soprattutto, la soavità del racconto, il fascino visivo e dei paesaggi, la capacità di emozionare e colpire, anche un adulto nonostante la semplicità della narrazione e la mancanza di chiavi di lettura ulteriori (altra differenza con molte opere successive di Miyazaki).

Kiki consegne a domicilio è uscito tra Il mio vicino Totoro (1988) e Porco rosso (1991), due tra i prodotti più celebri e apprezzati dello Studio Ghibli, forse due dei principali capolavori. Anche probabilmente per la “vicinanza” a questi due capisaldi della poetica “miyazakiana”, la storia della piccola Kiki è stata considerata un’opera minore: in parte questa considerazione è vera, a patto di non cadere nell’equivoco per cui un’opera minore debba essere per forza poco riuscita. Kiki consegne a domicilio è certamente meno affascinante, stratificato e complesso di molti altri film di Miyazaki, ma certamente non risulta meno emozionante. Inoltre, pur con le differenze di cui sopra, possiamo ritrovare alcuni dei topoi ricorrenti tematici e visivi della poetica del regista giapponese, a partire dalla costruzione caratteriale di giovani donne alle prese con la crescita e con le prime prove della vita e a partire dal fascino visivo e dal tratto poetico, ma ritroviamo anche la centralità del volo, del rapporto tra la giovane protagonista e una donna anziana, della “caduta” dall’alto che esprime la realizzazione dei sentimenti e i tratti europei dell’architettura e degli ambienti cittadini (li ritroveremo nell’Italia reinventata di Porco Rosso).

Le avventure della piccola streghetta che assomiglia a Heidi quindi meritano il recupero in sala, capaci di emozionare bambini e adulti, anche per merito del gatto Gigi, simpatico co-protagonista ispirato alla tradizione degli aiutanti animali della tradizione Disney. Inoltre, un Miyazaki minore è pur sempre un Miyazaki.

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Barbara N.Chiara C.Leonardo L.
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