Capitan Harlock, il pirata dello spazio, torna a far parlare di sé grazie al nuovo film in CG realizzato dalla Toei con un investimento, quello sì spaziale, di 30 milioni di dollari. Ma cosa rimane del personaggio originale creato da Leiji Matsumoto, per questo film solo consulente, nel momento in cui è passato nelle mani del “dio” del mecha design Shinji Aramaki, che mira a venderne la leggenda alle nuove generazioni? Tutto e niente, viene da dire. Perché se è vero che il personaggio di Harlock rimane inalterato, quasi un fermo immagine che il tempo non può intaccare, è anche vero che il pirata spaziale resta sullo sfondo di un’avventura di cui è solo origine, ma non protagonista.

Sebbene questa nuova avventura risuoni gli echi delle precedenti, dal personaggio di Logan che ci ricorda quello del giovane e irruento Tadashi, a quello della bionda Yuki Kei il cui amore segreto per Harlock resta lo stesso dalla serie originale, è indubbio che stiamo guardando qualcosa di nuovo. Lo suggeriscono il character e mecha design che trasportano l’Arcadia e il suo equipaggio in scenari futuristici, l’accentuazione del lato più dark della storia e delle ambientazioni, la rivoluzione musicale.

Il film è bello, niente da dire. Ma l’impressione di straniamento è la stessa che si prova guardando un reboot di una serie che si è molto amata in passato. Del resto, la serie originale televisiva di Capitan Harlock, realizzata da Matsumoto nel 1978 e arrivata a rompere gli schemi dell’animazione nostrana l’anno successivo, ha segnato un momento decisivo nella storia della programmazione per ragazzi del nostro Paese. Le atmosfere notturne e adulte, gli accorgimenti espressionistici, come le linee cinetiche e i fermo immagine, e soprattutto la colonna sonora, che all’improvviso non è più un semplice sottofondo, ma una vera co-protagonista della narrazione, sono tutti elementi che preannunciano la carica rivoluzionaria che l’animazione giapponese avrà sugli schermi e nella società italiana.

Benché il nuovo film della Toei sia curato nel più minimo dettaglio e per una volta la computer grafica sia usata in modo sapiente e non invasivo, non si può fare a meno di sentire la mancanza di elementi semplici, eppure dalla potente carica poetica, che hanno fatto della serie originale, prima ancora che del personaggio di Harlock, una vera leggenda: il tipico tintinnio degli speroni da cowboy che sentivamo ad ogni ingresso di Harlock sulla scena, il rumore del “vento cosmico” che faceva sventolare il vessillo dell’Arcadia, i duetti di arpa e ocarina che accompagnavano i momenti di dolorosa riflessione degli eroi dello spazio. Rimane l’atmosfera melanconica, tratto tipico di tutte le saghe di Leiji Matsumoto, ma siamo ben lontani dal realismo poetico degli anni Settanta, quando anche nelle storie a lieto fine era sempre presente un elemento drammatico, come il sacrificio di un personaggio importante o un esilio forzato.

La saga originale vede Harlock confrontarsi con molti temi che, all’epoca, erano al centro del dibattito sociale e culturale: le guerre, il razzismo, lo sfruttamento. Nel nuovo film, così come anche nella nostra realtà sociale, di questi temi si parla, ma con distrazione, perché tutto appare già visto e già sentito. E così l’impatto visivo del mecha, l’imponenza degli scenari, la concentrazione sulla battaglia “in atto” lasciano sullo sfondo le motivazioni, i drammi interiori e le battaglie emotive dei personaggi. Anche il viaggio come crescita e ricerca di se stessi, così centrale nella storia originale, sfuma nel film in un altro tipo di viaggio, che è più un ritorno che non una scoperta. Nella serie originale, attraverso il continuo spostarsi nel cosmo, i vari personaggi si confrontano con mondi e culture diversi, e sono costretti a mettersi in discussione. Nel film c’è quasi un rifiuto del cambiamento, percepito e raccontato come tragico e involutivo: la lotta combattuta nel nome di Harlock ha lo scopo di riportare la storia al punto iniziale, cambiare tutto perché nulla cambi.

Se dunque la nuova avventura è da considerarsi rivoluzionaria dal punto di vista visivo e riesce nell’intento di “vendere” la leggenda di Harlock a nuovi pubblici, per scoprire la vera carica rivoluzionaria della storia del pirata dello spazio bisogna tornare alla saga degli anni Settanta. Ma forse è proprio questo uno dei risultati migliori, e magari anche voluti, del nuovo film dedicato ad Harlock: farci correre a rivedere la serie TV.

Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.