AltrodiBlogger Erranti,27 agosto 2013
Soviet Soviet – Ceremony 2013
I saturnini eredi italiani della darkwave e del post-punk
Cinema Errante non cede né al torpore estivo da ombrellone, né ai tormentoni pop: va a “spiaggiarsi”, sì, ma solo per seguire per voi il concerto dei Soviet Soviet, promettente formazione nata nel 2008 tra Fano e Pesaro che in pochi anni si è costruita una solida reputazione. Questo 17 agosto il palco dell’Hana-Bi di Marina di Ravenna ha ospitato le loro adrenaliniche, vibranti sonorità: un matrimonio perfetto con la location notturna e marittima. Il suono fresco dei Soviet Soviet è sintesi perfetta, nonché originale rielaborazione, di quella darkwave e di quel post-punk che conosciamo attraverso i grandi nomi che hanno fatto storia: Bauhaus, Joy Division, The Danse Society (pensate solo a “Falling apart”), per citarne alcuni. Persino Simon Reynolds, autore di Totally Wired, si è interessato a loro.
Cominciamo subito con lo sfatare il mito sulle origini del loro nome. Come ci spiegano Alessandro Costantini (voce e chitarra) e Alessandro Ferri (batteria), la Russia, o meglio l’Unione Sovietica, non c’entrano nulla. La band è invece stata contagiata dal fascino del “doppio”, che, ad esempio, si riflette anche nel brano “Aztec Aztec”. Scherzando, gli aspiranti Doppelgänger ci dicono che “se Duran Duran fosse stato libero, sarebbe andato bene, ma sapete, era già occupato…”.
Di persona i Soviet Soviet sono quindi ragazzi ironici e alla mano, ma l’atmosfera rilassata della nostra chiacchierata è ben diversa da quella che si respira durante i loro concerti. Il loro show è energico e incalzante; inconfondibili gli attacchi delle più famose “Lokomotiv”, “Cobretto”, “Prince, prostitutes”. Pur essendo così giovani, padroneggiano perfettamente la tecnica: alla batteria calda, potente e puntuale come un orologio si accompagna una chitarra altrettanto precisa, ma dal suono deliziosamente freddo. Colpisce soprattutto il modo di suonare molto scenico e coinvolgente di Andrea Giometti (voce principale e basso): la sua sembra una gestualità tutt’altro che costruita, ma sbocco urgente e necessario della sua personalità, in un certo senso ruvida. Il basso è protagonista indiscusso, cuore pulsante dal quale s’irradia rigorosa una travagliata e cupa irrequietezza. Un’anima scabra che però giunge all’orecchio come superficie liscia grazie all’intervento di chitarra e batteria. In breve: impossibile rimanere fermi e non ballare i loro pezzi.
Più che il pubblico italiano, che in ogni occasione si conferma fatalmente (e irrimediabilmente) addormentato, è quello estero a essersi dimostrato più ricettivo: i Soviet Soviet sono perennemente in tour, tra Europa, Europa dell’Est e persino Messico. Al di là dell’ex Cortina di ferro hanno avuto particolare successo; i primissimi di ottobre torneranno in Russia e Ucraina per aprire gli show degli A place to bury strangers. Sarà l’effetto del loro nome, sarà che gli stati ex-sovietici possono vantare una nutrita folla di appassionati di post-punk, fatto sta che i ragazzi sono perennemente in movimento, con grande gioia dei loro fan.
I Soviet Soviet hanno all’attivo tre EP; l’ultimo, Summer, Jesus (Tannen Records, 2011), si può acquistare in versione mp3 qui. Al momento sono impegnati nella realizzazione del loro primo LP: attendiamo con ansia di sentirlo!
Scritto da Irina Marchesini.
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