Innamorati dei cartoni animati, Detective Conan
Detective Conan. Non solo Sherlock Holmes. Shinichi Kudo, protagonista della serie Detective Conan, nasce “sulla carta”, proprio come il suo eroe e ispiratore Sherlock Holmes. La sua prima apparizione, infatti, risale al 1994, quando il mangaka Gosho Aoyama decide di raccontare la storia di un investigatore adolescente trasformato in bambino da un veleno sperimentale e costretto a rimanere in questi scomodi panni per sfuggire all’organizzazione criminale che sta tentando di smascherare. Il debito narrativo e strutturale di Detective Conan nei confronti della saga di Doyle è dichiarato ed evidente. Conan Edogawa, il nome adottato da Shinichi, è un chiaro omaggio al creatore del detective per eccellenza, Sherlock Holmes. Eppure l’investigatore inglese protagonista di molteplici storie e adattamenti è solo il più evidente ispiratore di Aoyama, non certo l’unico.
Solo due anni dopo l’inizio del manga, nel 1996, Detective Conan diventerà una serie TV prodotta dalla Tokyo Movie Shinsha e incontrerà un successo planetario grazie al sapiente adattamento di Kenji Kodama e Yasuichiro Yamamoto. Come la serie di romanzi di Sir Arthur Conan Doyle, così anche la storia di Aoyama subirà molteplici trasformazioni, viaggiando da una piattaforma all’altra, cambiando forma e arricchendosi durante il viaggio, fino a diventare a tutti gli effetti un prodotto transmediale. Durante il suo viaggio dalla carta alla TV, dal cinema – con i suoi 10 film all’attivo – al videogioco, dal piano ludico a quello reale (Conan è stato anche il volto di una campagna informativa lanciata dalla polizia giapponese), Detective Conan rivela, una alla volta, tutte le sue fonti di ispirazione, e si mostra un prodotto molto più complesso e sfaccettato rispetto all’apparenza di mero adattamento della serie classica di Arthur Conan Doyle.
Un’analisi attenta delle storie e dei personaggi che ruotano attorno al piccolo Conan rivela, ad esempio, che la storia dell’investigatore prodigio è debitrice di molti altri eroi del poliziesco classico, primo fra tutti l’eroe televisivo Ellery Queen. Considerato l’erede naturale di Sherlock Holmes, il personaggio di Levinson e Link (1974) condivide con Shinichi Kudo (alias Conan) non solo la qualifica di aspirante detective, ma anche l’ammirazione per il padre scrittore, che entrambi considerano il proprio mentore. Un’altra somiglianza tra la storia di Aoyama ed Ellery Queen è la scelta di usare Sherlock Holmes come personaggio all’interno della narrazione: nell’episodio A Study of Terror, Ellery leggeva un manoscritto inedito di Watson, rivelando il proprio debito nei confronti di Holmes e, al tempo stesso, trasformando il personaggio di Conan Doyle nel protagonista della moderna serie TV; nel film The Phantom of Baker Street, il gruppo di giovani detective di cui Conan fa parte partecipa a un gioco virtuale grazie al quale ripercorre le tracce di Sherlock fino ad arrivare al suo celebre studio in Baker’s Street.
Non sono solo i detective del poliziesco classico a fornire fonti di ispirazione a Gosho Aoyama, ma anche la loro controparte criminale. Evidente, ad esempio, l’influenza del ladro gentiluomo Arsène Lupin, ideato da Maurice LeBlanc, sulla caratterizzazione del principale antagonista del giovane Detective Conan, ovvero il “magico” ladro Kaito Kid (in realtà un cross-over con una precedente opera di Aoyama, Magic Kaito).
Detective Conan si nutre però anche di “cibo culturale” casalingo. Gli osservatori più attenti avranno infatti riconosciuto in Detective Samonji, una delle dichiarate passioni di Ran, fidanzata eternamente in attesa di Shinichi, il riferimento ai celebri gialli di Kyotaro Nishimura. L’impianto della storia, con un nuovo colpevole da scoprire ogni volta per mantenere vivo l’interesse del pubblico, così come la natura “ibrida” del detective protagonista, ricalcano quelli proposti dalla serie di Gosho Aoyama. Più volte vediamo nella serie di Detective Conan i personaggi impegnati a seguire gli episodi o leggere i romanzi che vedono protagonista Samonji, una citazione che è anche un riconoscimento del debito culturale nei confronti del romanzo di genere giapponese. Ci sono poi episodi in cui l’universo narrativo di Samonji entra con più prepotenza nella serie di Conan, attraverso l’introduzione di personaggi ispirati al creatore della serie originale e all’attore che ne interpreta il protagonista. Nell’episodio Il giallista scomparso, in particolare, si assiste a una vera e propria doppia contaminazione per cui Kaori, l’immaginaria figlia del creatore di detective Samonji, aiutata dai giovani detective-bambini a fare luce sulla scomparsa del padre, li inserisce, a caso risolto, all’interno dei romanzi originali della serie, di cui si fa continuatrice, sottoforma di assistenti detective. Dalla realtà alla serie, e ritorno.
Le suggestioni che rendono Detective Conan un prodotto culturale ibrido e stratificato non si fermano certo qui. A voi però lasciamo il compito di scoprire le altre. E come farebbe Shinichi, fatevi guidare dal vostro istinto di aspiranti Sherlock Holmes.
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