Cinema, musica, teatro, architettura, danza, arti visive, e ora anche College. Alla Biennale di Venezia c’è aria di un nuovo inizio: come una classe di allievi il primo giorno di scuola, un gruppo di ragazzi è in attesa che il loro futuro cominci. L’occasione è Biennale College – Cinema, primo workshop internazionale dedicato a cineasti e produttori in cerca di trasformare un’idea in immagine. Anima soul, tweet frame e vita in slow motion in finale, ma andiamo con ordine.

Il direttore della Mostra del Cinema, Alberto Barbera, e il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, cambiano le regole del gioco e inaugurano una scuola pronta a formare chiunque abbia il coraggio di definirsi artista. Secondo Baratta, l’intento è quello di trovare nuove energie nel mondo dell’arte, aiutare i giovani a “oltrepassare il ponte” e insegnare la professione nel rispetto della libertà d’espressione.

Insomma una possibilità rara che ha visto arrivare in Biennale ben 433 domande, provenienti da ogni parte del globo. Da questi progetti sono stati selezionati 15 team di cineasti e produttori, affiancati durante il workshop a un’equipe internazionale di esperti e tutor, che hanno studiato l’estetica dei film a micro-budget e i nuovi modelli integrati di produzione, confrontandosi con un pubblico reale. I semifinalisti hanno infatti dovuto dimostrare il valore del proprio progetto ascoltati da Paolo Baratta e Alberto Barbera, in soli 20 minuti ciascuno.

Ne è uscito un calderone internazionale di idee: dagli Stati Uniti alla Spagna, dal Sud Africa all’Italia, i 15 team hanno presentato soggetti innovativi e diversificati, che spaziano dal documentario alla fantascienza, con una preferenza al tema dell’identità. I tre finalisti parteciperanno a un secondo workshop, insieme al direttore Alberto Barbera e Savina Neirotti del Torino FilmLab, sostenuti con 150.000 euro per produrre e presentare il progetto realizzato alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia.

Ecco chi attraverserà il ponte: Memphis (USA), diretto da Tim Sutton e prodotto da John Baker, narra la storia di Ezra Jack, da amatissimo cantante soul a estatico contemplatore che canta con “The voice of God“. The Year of June (Thailandia) è invece il folle esperimento del regista Nawapol Thamrongrattanarit e del produttore Aditya Assarat che traduce i tweet di una giovane di Bangkok in frame (Warning: la ragazza è all’oscuro di tutto! – Se ci stai leggendo (Ciao!) per favore retwittaci!) – L’ultimo finalista è Yuri Esposito, il mockumentary di Alessio Fava, incentrato sullo strano caso dell’uomo più lento del mondo con prole in arrivo.

E nel futuro della Biennale di Venezia, avanguardista di professione, c’è il desiderio di espandere l’iniziativa anche al settore musica, per rivitalizzare l’opera breve. Un ulteriore segno di innovazione, dedicato a tutti i giovani artisti che cercano di  farsi strada, con originalità e voglia di cambiare le cose.

Fonte: La Biennale; Facebook

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