Rough, campioni in formazione. Sacrificio è una delle parole più usate nelle pubblicità dedicate alle Olimpiadi di Londra 2012, nel pieno del loro svolgimento.

Sacrificio è anche una tematica ricorrente e centrale degli anime sportivi. Chiunque abbia visto Mimì e la nazionale di pallavolo allenarsi con i polsi incatenati per migliorare la ricezione, sarebbe pienamente d’accordo con questa affermazione.

Eppure tanto nelle immagini e nelle storie sportive disegnate che in quelle reali, dagli anni Novanta in poi, qualcosa è cambiato. Basta dare un’occhiata agli articoli e agli speciali dedicati agli olimpionici: si parla più dei loro interessi privati e sentimentali che dei loro allenamenti estenuanti e della loro dedizione totale allo sport. Oppure scorrere gli episodi di un anime moderno per accorgersi che lo sport è ormai diventato solo un ingrediente tra gli altri e quindi non l’unico depositario dell’attenzione dei personaggi, rispecchiando così il cambiamento reale. Esemplari sono da questo punto di vista le serie sportive create da Mitsuro Adachi, come il piccolo e sottovalutato gioiello Rough.

Nelle storie di Adachi, protagonista della scena è un vero e proprio anti-eroe: svogliato, insofferente alle regole, apparentemente privo di doti particolari. Contro ogni previsione, però, il protagonista di turno riuscirà a dimostrare una grinta e una passione fuori dalla norma e, vincente o perdente, avrà comunque dimostrato il suo valore. Tuttavia, il risultato finale perde di importanza e al centro dell’attenzione stanno più i sentimenti e i cambiamenti interiori che non gli eventi veri e propri. Senza contare che, anche se il protagonista continua ad impegnarsi con incredibile tenacia per ottenere la vittoria, la storia è sempre stemperata con una buona dose di umorismo. Ecco allora che per vincere non è necessario soffrire, anzi spesso è fondamentale divertirsi.

Rough, manga scritto e disegnato da Adachi nel 1987, poi trasformato in anime e in film live action nel 2006, rispetta appieno questo copione, anche se non si esaurisce in esso.
Al centro della storia due giovani promesse del nuoto: Keisuke Yamato, l’eterno terzo classificato ai nazionali di nuoto delle medie, e Ami Ninomiya, promettente tuffatrice promessa sposa dell’amico di infanzia Nakanishi, anche lui nuotatore e detentore del record nazionale. Gli ambienti del nuoto, dalla piscina del liceo al dormitorio comune, fanno da sfondo all’inevitabile triangolo amoroso e alla rivalità sportiva che lo accompagna.

Amore e sport non sono però i protagonisti della storia, ma sono a loro volta lo sfondo di un disegno più grande: un ritratto dell’adolescenza moderna. Il titolo Rough, letteralmente ruvido, abbozzato, incompleto, è proprio un tentativo di definire questa età di cambiamento in cui si può passare dall’odio più viscerale all’amore più puro senza soluzione di continuità e quasi senza accorgersene, come accade ad Ami e Keisuke. Questi moderni Romeo e Giulietta, nipoti di famosi pasticceri incapaci di superare la contesa che li vede entrambi rivendicare l’invenzione di una famosa torta, vengono ritratti da Adachi come bozze di splendidi quadri non ancora pienamente realizzati. Ecco allora che l’odio si stempera nell’acqua delle piscine olimpioniche frequentate dai protagonisti che nella passione per il nuoto trovano la chiave di volta per costruire un rapporto nuovo, lontano dall’ombra delle famiglie e delle aspettative altrui.

Adachi recupera in questa storia molti degli espedienti stilistici che avevano caratterizzato il genere sportivo classico, ridicolizzandoli: ecco allora che possiamo vedere Keisuke guardare con intensità l’acqua della piscina, mentre gocce di sudore gli imperlano la fronte, e nella sua mente risuonano discorsi profondi e risolutivi, e poi, con altrettanta frequenza, inciampare in un asciugamano dimenticato a terra o sbagliare il tuffo iniziale. Come a voler sottolineare che la realtà è ben diversa dalle costruzioni fantastiche. Al contrario poi della maggior parte degli anime sportivi di prima generazione, in questo caso il protagonista non è sempre vincente, la sconfitta fa anzi parte integrante della vita del personaggio che rimane comunque un modello positivo: quello che conta è l’impegno, non il risultato, e soprattutto non sembra più così fondamentale dedicarsi a un unico obiettivo.
Specialmente se si riesce a conquistare il cuore della ragazza amata.

Adachi rende quanto mai chiaro questo principio nella conclusione della storia. Non sapremo mai il risultato finale della gara sportiva tra i due eterni rivali, Keisuke e Nakanishi. Ci verrà detto, invece, il risultato della gara più importante: quella per conquistare il cuore di Ami. E forse questa nuova struttura narrativa è una delle tante indicazioni che anche la società giapponese sta cambiando e i giovani non sono più propensi come un tempo a sacrificare tutta la vita per il raggiungimento di un unico traguardo.

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