Gli Incredibili è un film scritto e diretto da Brad Bird e uscito nelle sale nel 2004. Bird, ai tempi già autore del bello ma sfortunato al botteghino The Iron Giant, e in seguito regista di successi come Ratatouille e Mission: Impossible – Ghost Protocol, ha sia l’invidiabile primato di essere il primo regista esterno alla Pixar a essere stato chiamato a firmare una pellicola dello studio, sia di aver diretto il primo lungometraggio Pixar avente come protagonisti personaggi esclusivamente umani.

La storia, per chi avesse bisogno di una rinfrescata, segue le gesta di una famiglia di super-eroi costretti al ritiro e a condurre, nascondendo i propri superpoteri, una vita il più possibile grigia e anonima. Il padre Bob Parr, alias ex Mister Incredibile, però, non aspetta altro che l’occasione giusta per tornare a rivivere i propri giorni di gloria, e quando questa occasione gli si presenterà nelle vesti di una missione speciale contro un robot killer, sarà solo l’inizio di una sfilza di guai per l’intera famiglia.

Gli Incredibili si presenta, prima di tutto, come un allettante mix di generi: pellicola d’azione super-eroistica, spy-story, commedia familiare. Il film si offre allo spettatore come un’opera ipercitazionista godibile a più livelli, ben guarnita da una eccellente colonna sonora a firma Michael Giacchino e da un cast di doppiatori di tutto rispetto sia nella versione americana che in quella italiana (indimenticabile, in quest’ultima, l’interpretazione di Edna “E” Mode da parte di Amanda Lear). Da una parte ci si può lasciare irretire dal continuo gioco di rimandi al mondo del fumetto, da un’altra ci si può semplicemente godere le ben calibrate scene d’azione, da un’altra ancora si può spendere più di qualche momento sui quesiti sollevati dalla storia e dalle condizioni dei vari personaggi (non è forse il caso di scomodare Ayn Rand come fatto da certa critica ammeregana, ma il campo di gioco è comunque molto simile).

La componente tecnica è, come di consueto per gli standard Pixar, assolutamente strabiliante e all’avanguardia: tutto, dai personaggi agli oggetti, dai fondali agli effetti delle ambientazioni, raggiunge un livello di cura grafica, ispirazione e precisione che ancora oggi regge bene il confronto con gli ultimi prodotti sfornati sia dalla Pixar stessa, sia dai concorrenti. Il look vagamente retrò, da fumetto anni 60, immerge lo spettatore in una alterità immaginativamente credibile, coerente e partecipativa; elementi come il cubicolo sottodimensionato nel quale lavora Bob, o il quartiere di periferia nel quale la famiglia cerca di nascondersi, aggiungono un sapore realistico che va ad esaltare quella che sarà la ritrovata alterità dei super-eroi.

Se una pecca si può riscontrare nell’opera, è una certa discontinuità fra le parti: a una prima parte splendidamente organica, veloce e avvincente (è davvero incredibile la capacità di Bird e degli artisti della Pixar di tratteggiare un intero mondo nel giro di una manciata di minuti), fa da contraltare una seconda parte non del tutto all’altezza, che mantiene solo parzialmente le ottime premesse della prima. Il respiro del film, mano a mano che si avanza, si fa più corto e convenzionale, passando dalla rappresentazione problematica e non risolta di una serie di dilemmi su normalità/eccezionalità e individuo/società a una più rassicurante storia di ritrovata unità familiare e riscatto personale. È pur vero che la cifra fondamentale del film è la parodia, una parodia amorevole e ammirata, e che i momenti più indimenticabili appartengono a questa categoria (oramai da antologia del miglior humor nero di tutti i tempi la scompisciante e al tempo stesso a sfondo tragico digressione di Edna sui problemi causati dal portare il mantello), ma certo è un peccato che alcuni spunti non abbiano trovato lo sviluppo che avrebbero meritato.

Per finire, immancabili i rimandi agli altri film Pixar, ma, nota d’interesse, più che ai cameo d’obbligo mi riferisco alla comparsa di certi temi (come la paura di essere esclusi dalla comunità per ciò che si è), o addirittura a certe premonizioni, come la crisi di mezz’età di Bob nella quale sono già rintracciabili gli echi futuri di quella grandiosa elegia sulla vecchiaia, l’abbandono e la morte che sarà, di lì a qualche anno, Up.

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Edoardo P.Leonardo L.Sara M.
777/8