Vento di primavera. Non quello dell’anticiclone Hannibal, che promette di riportare le altalenanti temperature di questi giorni agli standard di stagione. Piuttosto un vento di cambiamento, il vento della primavera araba, degli indignati, di Occupy Wall Street, degli Anonymous, di tutti quei movimenti che come piccole o grandi onde sismiche scuotono la crosta dell’assuefazione e dell’indifferenza.

Non a caso è TerreMoti il titolo di questa XVII edizione del Festival Culture Giovani di Salerno, che anche quest’anno noi della Redazione di Cinema Errante abbiamo seguito come parte della Giuria Web. Un’edizione che da subito ci ha colpito per l’altissimo livello delle opere in gara, a dimostrazione del percorso di crescita che il piccolo festival campano sta compiendo nel corso degli anni.

E più che meritati sono stati i premi assegnati nelle due categorie in concorso, CortoEuropa e Passaggi d’Europa. Nella sezione CortoEuropa, è stato premiato l’interessante lavoro di Philip Kaessbohrer, Armadingen, visione periferica del classico action movie con meteorite, in cui il Bruce Willis di turno (e non per modo di dire!) pensa a salvare la terra mentre una coppia di semplici contadini pensa a quello che più gli sta a cuore: fieno, galline, un buon arrosto (bagnato), un’intimità da tempo perduta. Noi l’abbiamo apprezzato soprattutto per la delicatezza dei dialoghi, per la capacità di divertire e allo stesso tempo commuovere e per le ambientazioni, sospese nel tempo e immaginifiche grazie all’uso del plastico.

Premio della Giuria Web, meritatissimo, a Tuba Atlantic di Hallvar Witzo, un’opera dall’incredibile potenza figurativa, in cui il dramma di un uomo di fronte alla morte trasfigura nell’intreccio di elementi surreali e comici: la caccia ai gabbiani, l’Angelo della Morte, la gigantesca tuba.

Migliore lungometraggio per la sezione Passaggi d’EuropaKuma di Umut Dag, giovane regista austriaco di origine turca. Il film, che indaga con intelligenza il delicato tema delle seconde mogli nella tradizione turca, colpisce per l’equilibrio di una sceneggiatura che procede in modo perfetto verso l’apice del climax, per la maestria con cui viene presentata una situazione così ambigua e dolorosa e per le ottime interpretazioni femminili.

Un appunto doveroso: non possiamo non registrare i segnali che arrivano dalla cinematografia greca. Una terra impoverita, umiliata, continuamente presa a simbolo di fallimento e collasso; eppure vengono da lì due dei migliori film visti in concorso, che più hanno colpito noi della Redazione: il cortometraggio Dad, Lenin and Freddy di Rinio Dragasaki e il lungometraggio L di Babis Makridis. Perché, citando la presentazione del Festival, “l’attrito libera energie creative” e sulla creatività, almeno per ora, non c’è Troika che possa imporre riduzioni.

Scritto da Barbara Nazzari.

Fonte: CinemaNotizie

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