AltrodiBlogger Erranti,27 marzo 2012
Gotye – Making Mirrors: la recensione
Gotye – Making Mirrors. Ci sono fenomeni facilmente decifrabili come risultanti di una più o meno chiara somma di fattori. Altri restano un’enigma. Ecco, Gotye per me resta un’enigma.
La sola hit Somebody that I use to know è in vetta alla classifica inglese dei singoli più venduti da 5 settimane, è al primo posto in Europa come singolo più ascoltato e ha già più di 140 milioni di visualizzazioni su Youtube, senza contare parodie e cover.
Qual è il segreto di questo cantante belga – australiano? Cosa ha conquistato un pubblico così eterogeneo? L’unica spiegazione che mi do è che tutto questo abbia a che fare con un’Apocalisse imminente e con una generale tendenza regressiva. Pare così che l’essere umano, anche dal punto di vista musicale, se in preda al panico ritorni a ciò che trova più rassicurante: le sonorità pop anni ’80/’90 più fiacche, gli effetti da pianola Bontempi, il faccione alla Sting.
Ma veniamo all’album. Making Mirrors sembra in definitiva il compito raffazzonato di un alunno non particolarmente precoce. Ogni canzone straborda di effettacci, riverberi, cori sfumati, campanellini, tutto quel repertorio anni ’80 che solitamente si preferisce tenere sepolto in regioni inaccessibili del subconscio. In alcuni casi la cosa si fa talmente sfacciata che viene da pensare che in realtà Gotye ci stia prendendo simpaticamente per i fondelli.
In definitiva il nostro non fa che azzeccare qualche motivo orecchiabile, come la linea di synth e gli intrecci strumentali di Smoke and Mirrors, pezzo superiore agli altri sia musicalmente sia come profondità del testo. La già citata Somebody that I used to know rimane un pezzo discreto, appunto perché più sobrio e minimal, libero dall’esubero di soluzioni infelici che costellano l’album. Eviterei comunque di scomodare Peter Gabriel per questo, anche perché gli elementi di world music rimangono, tranne che in questo brano, generalmente male integrati, giustapposti agli altri come in una caotica bancarella di modernariato.
Il resto va dal già sentito (il soul di quarta mano di I feel better, il funky pieno di reaganiano ottimismo di In your light), all’imbarazzante (State of art, un’accozzaglia di soluzioni che anche mio padre troverebbe antiquate). Se poi aggiungiamo il trip pop di Don’t worry, we’ll be watching you e il pop da boy band in fase riflessiva di Giving me a chance, possiamo dire che Gotye le abbia davvero provate tutte e con scarsi risultati.
Eppure piace e moltissimo pure. E i fan son terribilmente suscettibili a riguardo. Che Gotye riesca ad esercitare un qualche prodigioso controllo delle menti? Noi ci manteniamo vigili e continuiamo ad indagare. Ascoltando altro, magari.
Scritto da Barbara Nazzari.
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L’album di Gotye è stupendo, prima di dire la mia però ci tengo a precisare la riflessione fatta dal recensore sul faccione alla Sting.
Non so a quanti altri sia capitato di credere che Sombody That I Used Know al suo debutto in radio era propio Sting a cantarla, concludo con l’ attacco al recensore e, metto un pó di release in LFO a chi gli a confuso così tanto le idee a livello musicale.
Gotye avrà ascoltato tanta di quella musica che sfido chiunque fare un album al pari passo con Making Mirrors,
Semplice, ispirato, immediato, incalzante, riuscito e sopraturtto esperienzoso. FORTE, ma chi ha detto che gli anni 80 sono finiti? I Depeche Mode non hanno fatto che restaurarli dagli inizi degli anni 90, forse Gotye gli ricorda che all’ epoca non vi erano solo loro e si rinnova seguendo un pò le orme di Sting, Real Life “Ascolta Easy Way Out”, Wham! “Ascolta In Your Eyes”, Go West ” Ascolta I Feel Better.
Ciao a tutti eccetto il recensore che si fà di crack prima di iniziare a scrivere.
Barbara, magari hai ragione nella sostanza, è un album discontinuo, apparentemente privo di una forte personalità musicale. Ma allora perché i fan sono così suscettibili? E tu, perché non citi Bronte? Sei ingenerosa quando parli di compito raffazzonato – lavoro centrifugo, semmai – sorvolando del tutto sull’originalità del personaggio. Non è word music, non è Peter Gabriel, né Sting, né sono gli anni Ottanta (e il faccione non somiglia a quello di nessun altro, con quella bocca lunga come una cicatrice, ma in effetti: cosa c’entra?). C’è altro, ma è oltre. E va dunque guardato a distanza, temo. E’ un album di rifrazioni, come tanti pezzi di specchi, o specchi a pezzi, che confondono e non rimandano a nulla, mentre c’è di tutto. Riparliamone con calma, dai, e riascoltati Smoke and Mirrors, che mi pare anche meglio di quanto sei disposta ad ammettere. Ciao.
Ciao El, grazie per il commento!
In realtà non ho riserve a priori contro il mainstream e in generale apprezzo i progetti interessanti che riescono anche ad essere commerciali, perché no! E neanche mi turba l’eclettismo o la mancanza di fili conduttori a patto che emerga, sotto la molteplicità di stili, la personalità, lo spessore artistico, la forza di un’idea musicale.
Io, purtroppo in Gotye, non sento questi elementi forti e quindi l’impressione di disomogeneità e dispersione di acutizza. Poi l’album è sicuramente molto curato come giustamente osservi; ma il termine “raffazzonato” era riferito non tanto alla realizzazione quanto al piano delle idee e sul piano delle idee Gotye continua a sembrarmi o molto confuso o altrettanto furbetto.. 😉
Se il successo è globale possiamo puntare il dito verso il mainstream tenendoci in sede di critica al di fuori di esso perché andare contro fa carisma (e solitamente lo faccio senza problemi) oppure accettare che Gotye è arrivato sì con meritata e a tratti inspiegabile prepotenza, per poi scoprire che non solo è al terzo album, ma piuttosto già consolidato in mezzo mondo da qualche anno. Per cui non mi sembra proprio l’ultimo arrivato sul barcone. Detto ciò ho una simile opinione ma meno impietosa, difatti mi trovo in dubbio se dovessi dare una valutazione globale in quanto il disco non ha una sua identità (filo conduttore) ma una molteplicità di stili sonori e tessuti musicali fortemente ’80 e tutta quella elettronica probabilmente ti ha urtato offuscando in parte il giudizio. In termini di produzione spacca ed è tutto fuorché raffazzonato. Tutto qui. 😉
Mi sembra di aver motivato le osservazioni fatte ma non ho problemi a confrontarmi con altre opinioni argomentate o a rispondere a critiche. L’insulto, che è notoriamente pezzo forte delle diatribette da Bar dello Sport, purtroppo non rientra in nessuna delle due categorie.
E tu saresti un critico musicale o giornalista o?…vebbhè…guarda che per fare il recensore non basta dare solo ascolto al proprio gusto personale e lanciare diatribette da Bar dello Sport…ossignore……