AltrodiBlogger Erranti,17 marzo 2012
Leonard Cohen – Old ideas: la recensione
Leonard Cohen è ancora lì, come lo ricordiamo, in bilico sulla realtà “come un uccello sul filo”. Quello che fa è osservare il mondo e la condizione umana e intonare una lunga preghiera; sull’amore, sul dolore, sulla speranza. “Old ideas”, sì, ma sono le vecchie idee di uno dei più grandi poeti della contemporaneità.
Dopo otto anni dall’uscita di “Dear Heather”, Leonard Cohen pubblica il suo dodicesimo album in studio, in perfetta continuità con le opere precedenti. Perché, a prescindere dalle oscillazioni stilistiche – gli album più pop o quelli più raccolti, quelli più recitati o quelli più cantati – la produzione artistica di Cohen è una delle più solide e cristalline del panorama musicale mondiale: un lungo canto che unisce il racconto intimo e sofferto dei chansonniers francesi, la trasfigurazione metafisica del quotidiano del realismo americano, i simbolismi e gli echi biblici della tradizione giudaico-cristiana.
E “Old ideas” prosegue su questa strada. L’album si apre con la ballata minimalista Going Home, che vede l’uomo parlare alla maschera, la maschera di poeta, saggio e visionario, capace di interpretare il dolore e la sconfitta; una maschera da togliere per poter tornare finalmente a casa. Subito dopo vengono Amen, lungo pezzo dark con mandolino, archi e fiati e la bellissima Show me the place , una delle canzoni più intense dell’album, uno sguardo sul dolore del mondo che si muove su un dolcissimo tessuto di pianoforte, cori e viola.
Darkness, secondo singolo estratto dall’album, è un pezzo blues più grintoso che si apre con uno splendido intreccio di chitarre e prosegue con la celebrazione del “lato oscuro” su note d’organo. Crazy to love you è una classica folk song che si sviluppa calda e familiare come una vecchia storia ed eppure così dura e dolorosa nelle parole; Banjo un soul intenso che è come una strana visione carica di presagi.
Anyhow e Come Healing, meno incisive musicalmente, proseguono sulle tematiche dell’amore lacerato ma comunque salvifico e del sacrificio, della ricerca di conforto per lo spirito e il corpo, mentre la ninna nanna Lullaby prosegue dolcemente sui suoni dell’armonica a bocca. A conclusione dell’album la bella Different sides , un pezzo più pop che, in modo scanzonato ed ammiccante, ci lascia però col messaggio che conta: guardatevi da chi si autoimpone e impone una disciplina di obbedienza e sacrificio. Dall’altra parte c’è chi cerca di vivere l’amore, la vita, il dolore come può. Chi cerca, a modo suo, di essere libero.
Scritto da Barbara Nazzari.
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Condivido la tua opinione. Personalmente lo ritengo superiore ai precedenti “Dear Hether” e “Ten New Song”. C’è tutto quello che chiedo a Leonard qui dentro.
Lode al lazy bastard living in a suit.
Cosa dire di più della lunga preghiera, intima e umana, personale e rivelatrice del grande poeta?!
Basta solo sottolineare la raffinatezza, l’intensità e il “lirismo” con cui “canta” gli aspetti del “tragico” della condizione umana nella modernità. Laddove una via d’uscita è possibile…
Ciao