Il regista Emanuele Valente ha incontrato i blogger erranti in occasione della prima del suo ultimo spettacolo, “Il Signor di Pourceaugnac“, in anteprima regionale il 2 dicembre al Teatro Villa dei Leoni a Mira.

Napoli non è solo delinquenza, degrado e monnezza. C’è  voglia di riscatto e di creatività come dimostra Punta Corsara un coraggioso progetto teatrale nato tra il cemento di Scampia.

Tutto inizia nel 2007 quando Marco Martinelli e il Teatro delle Albe portano tra i guaglioni napoletani la loro idea di teatro e il loro modus operandi.  Prende vita un’attività frenetica e passionale di formazione professionale ed espressione artistica che porterà nel 2009 al passaggio del testimone da parte di Martinelli  nelle mani di Emanuele Valente (direttore creativo) e Marina Dammaco (direttrice organizzativa).

Dopo aver vinto, lo scorso anno il Premio Speciale Ubu e il Premio Hystrio – Altre Muse, Punta Corsara comincia da quest’anno a camminare con le proprie gambe portando in tournè per lo stivale (si continua il 3 dicembre al Teatro Astra di Vicenza) la loro ultima produzione: “Il Signor di Pourceaugnac”.

Ma lasciamo che sia il regista Emanuele Valente a raccontarci la gestazione di questo interessante allestimento teatrale.

  • Emanuele, partiamo dall’inizio: come ti sei avvicinato al mondo del teatro?

E.V. Ho iniziato a fare teatro da adolescente con i ragazzi con cui lavoro ora. Ho cominciato con un laboratorio a Napoli che si chiamava la Parte Cieca diretto da un docente di una scuola molto bravo, molto in gamba. Lì ho trovato nel teatro un contenitore tramite il quale riuscivo a sentirmi meglio, a parlare e ad esprimermi.

  • Veniamo al Progetto Punta Corsara, di cui sei il direttore creativo: come nasce?

E.V. Il progetto Punta Corsara si sviluppa da un’idea precedente: Arrevuoto. Un’ iniziativa che fece scendere Marco Martinelli e il Teatro delle Albe a Scampia. Invitati dal Teatro Stabile portarono la loro concezione del teatro e il loro modo di lavorare con gli adolescenti (frutto di un percorso ventennale con la Non Scuola a Ravenna).

  • E tu come entri a farne parte?

E.V. Per tre anni si lavorò riscrivendo le parole dei classici e facendo questi grandi spettacoli con cento ragazzi. Io iniziai a Collaborare come assistente di Marco all’interno di questo progetto. Poichè questi spettacoli andarono molto bene e furono un’esperienza molto bella per tutti, la Regione Campania propose a Marco di provare a non disperdere tutta l’energia di quell’esperienza e scegliere un gruppo di ragazzi per formare una compagnia professionale. Un gruppo che potesse rimanere a Scampia a lavorare in questo Teatro, che era stato appena riaperto dopo essere stato chiuso per vent’anni. Da quel momento abbiamo iniziato un percorso di due anni di formazione ai “mestieri dello spettacolo” per attori, tecnici e organizzatori a conclusione della quale è nata Punta Corsara, che si divide tra la produzione di allestimenti e l’attività didattica con i giovani.

  • Abbiamo appena parlato di Scampia ma cosa può dare Punta Corsara ai ragazzi che vivono questa delicata realtà?

E.V. La cosa interessante seconde me è il fatto che giovani che si sono avvicinati al teatro per passione o curiosità, hanno la possibilità di  trasformarlo in un’ esperienza professionale. Questo permette loro di acquisire la consapevolezza del teatro e dell’arte come un qualcosa che può cambiarti profondamente anche intimamente, un qualcosa cha fa i conti con la realtà e tramite il quale si può riflettere sul mondo che ci circonda e non semplicemente come un passatempo e una distrazione.

  • Questo invito a riflettere sulla quotidianità e sul contemporaneo come si traduce nella messa in scena de “Il signore di Pourceugnac”?

E.V. Nel momento in cui abbiamo provato a reinterpretare il lavoro di Molière, adattandolo alla nostra compagnia, abbiamo cercato di parlare di alcuni aspetti di Napoli attraverso le parole di un testo classico. Fin dall’inizio ci sembrava che il personaggio principale fosse la città. Una città beffarda che diventa una trappola per uno straniero.Ma anche una città che cerca un capro espiatorio. Due nuclei metaforici che ci sono sembrati molto utili per raccontare la Napoli di oggi senza toccare direttamente le questioni che riguardano la criminalità e la camorra, ma dando voce a ciò che a noi dice la nostra città. Il nostro non è uno spettacolo direttamente di denuncia ma il tentativo di utilizzare un testo classico di un autore francese per parlare di noi e della nostra terra. La sensazione è che a volte la distanza ti permette di esprimerti con più libertà e forse di parlare meglio di quello che ti sta vicino.

  • Cosa c’è della tradizione e cosa invece del nuovo millennio?

E.V. Beh credo che il nostro sia un lavoro anomalo. Della tradizione c’è tanto, tutta la scuola comica napoletana ma allo stesso tempo c’è anche il Teatro di Moliere (che del resto aveva imparato tanto sulla commedia dell’arte da Tiberio Fiorilli che è un grande Pulcinella napoletano). D’innovativo invece il fatto che non è uno spettacolo in costume che cerca un’ aderenza con il passato, ma è un allestimento senza tempo che cerca di raccontare la Napoli di oggi.

  • Quali sono state le difficoltà di questa tua prima regia?

E.V. Per me è stato naturale esordire alla regia con i ragazzi che avevo formato e che avevo visto crescere per tre anni, quindi ho cercato ci capire cosa fosse meglio per il gruppo. Non ho incontrato certo le difficoltà di un regista che ha la storia ma che deve strada facendo trovare gli interpreti però l’emozione di prendere le redini di un percorso così importante e la responsabilità che mi sentivo di avere sono state sensazioni difficili. Provenivamo, infatti, da un’ esperienza con la regia di Arturo Cirillo che è un artista già affermato e la paura di non riuscire a tenere alto il livello, rispetto a quello che si era fatto, era grande. Ma sono molto contento di come è andato il lavoro.

  • Che progetti avete per il futuro?

E.V. Stavamo pensando di lavorare su un testo di Antonio Petito un attore, regista e autore napoletano di fine Ottocento molto conosciuto per il personaggio di Pulcinella. Anche li sarà un lavoro di ri-scrittura che faro con Antonio Calone il drammaturgo con cui ho lavorato anche per questa produzione.

  • Chiudiamo con una domanda di rito su Cinema Errante: qual è il tuo rimedio per perderti?

E.V. Il mio rimedio per perdermi è quello di lasciarmi andare per la città. Non avere una meta prestabilita. La deriva come pratica situazionista (ridendo). Credo profondamente nel perdersi. Nel non camminare sempre per strade conosciute ma, con un po’ di paura, provare a spingersi in luoghi, con persone e negli ambiente  che non sono quelli familiari. Uscire fuori. Spesso lì, quando meno te l’ aspetti, accadono gli incontri più interessanti.

Scritto da Micol Lorenzato

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