Con The Future is Medieval, pubblicato lo scorso giugno, i Kaiser Chiefs hanno confermato di essere all’altezza del grande successo riscosso nelle top charts di tutto il mondo, capaci di travalicare i confini britannici per proporre un sound a tratti elettronico, intensamente brit ma contaminato da parecchie influenze musicali di vario tipo.

Ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi di Everyday I Love You Less And Less o dal più recente successo Ruby: la band sembra essere riuscita a mantenere la propria identità, nonostante la vena creativa di molti gruppi sia sempre più spesso martoriata da etichette poco attente alla qualità musicale quanto più avvezze ad incassare milioni dalle vendite. È infatti vero che ci troviamo in un periodo nel quale le produzioni cercano di inventarsi ogni giorno qualcosa di nuovo per poter vendere, come strategie di marketing sempre più bizzarre e talvolta patetiche, eppure la proposta dei KC, il gruppo nato a Leeds alla fine degli anni novanta, è interessante e originale: si tratta di collegarsi al loro sito e scegliere dieci pezzi tra venti disponibili, componendo la propria copia personale dell’album. Ma non finisce qui, perché mettendo la tracklist personalizzata online si può anche guadagnare qualche pound dalla vendita della stessa agli altri fan. Un sistema simpatico, anche se alla fine per l’album vero e proprio, quello che potete trovare al caro vecchio negozio di dischi in estinzione, il gruppo ha dovuto operare delle scelte. Sono state pubblicate solo tredici tracce, lasciando molti fan di stucco per l’esclusione di alcune che avrebbero davvero meritato di essere incluse.

Il disco si apre con Little Shocks, caratterizzato dal loro classico sound accattivante e dal ritornello coinvolgente, sempre a metà tra schitarrate rock e suoni tipicamente elettronici. Things Change, con un bel ritmo, riprende popolari motivetti anni ottanta alla Frankie Goes to Hollywood, mentre Out of Focus fa uso di sound alla Gorillaz (e ancor prima alla Paul McCartney dei tempi di Check my Machine). Altri pezzi scivolano invece in modo un po’ troppo prevedibile.

When All is Quiet colpisce per il piano classico e atmosfera un po’ beatlesiana, Kind Girl You Are è molto orecchiabile e dal basso alla Arctic Monkeys, ma è Man on Mars che salta all’orecchio per il testo tipicamente cadenzato e le sonorità ben calibrate. Coming Up for Air è molto ben costruita, con il piano che fa nuovamente capolino e una melodia malinconica, quasi una ballata, mentre If You Will Have Me è un acustico impegnato con tanto di violino ma un tantino troppo alla Candies di Paolo Nutini.

Tra i grandi esclusi nella tracklist ufficiale Problem Solved, forse uno dei migliori pezzi tra le canzoni da selezionare nello store ufficiale, come anche My Place is Here e Cousin In The Bronx.

In definitiva, è un album ben fatto per gli amanti del genere, anche se probabilmente sarebbe stato meglio operare una scelta migliore senza diluire i pezzi molto buoni con altri b-sides poco significativi. Certo che però così si sarebbe esclusa la possibilità ai fan di farsi la propria tracklist personalizzata e sbarazzarsi così di alcuni pezzi effettivamente poco innovativi. Ma poi si sa, il mercato ha sempre ragione.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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