Il curioso video del singolo Run with the Boys di Carl Barât – ex The Libertines e spalla di Pete Doherty (quello tossico – marcio, ex di Kate Moss per capirci) – inizia con un orologio, un po’ retro, sicuramente fuori moda da un pezzo. Le lancette scandiscono il tempo che passa, prima che il basso si faccia sentire. Sembra appoggiato su una specie di finto caminetto super kitsch, di quelle cose che potete trovare solo in certi salotti polverosi di qualche vecchia zia o nonna decrepita.

Le prime inquadrature ci mostrano un simpatico nonno inglese (probabile possessore dell’oggetto kitsch di cui sopra) e i suoi numerosi preparativi per una rimpatriata con gli amici, forse attesa da tempo: pettine per lisciarsi i capelli color argento, un bel lucida scarpe sui mocassini, una colazione amorevolmente preparata dalla moglie con succo d’arancia, un nodo alla cravatta e via in strada.

Un titolone bianco scorre sulla faccia soddisfatta del vecchio che si incammina verso la stazione, allontanandosi da una tipica abitazione made in England: Run with the boys. A questo punto mi viene in mente il video di Go Let It Out degli Oasis, che giusto nelle prime sequenze ci informava della formidabile efficacia dei titoloni ad inizio video musicale (una specie di Pennello Cinghiale, se volete, il concetto è quello, “per un video grande ci vuole un bel titolo” – captions – “grande”).

Intanto il nonno – che d’ora in poi per questione di comodità e di privacy chiameremo Rob – è già arrivato al binario di una tipica e deserta stazione di periferia inglese. Il party si avvicina.

Ed eccolo allora fare baldoria con i “boys” di una volta – età media sui settanta, abiti stinti, baci ed abbracci affezionati di chi non si vede da molto tempo – in un pub foderato di velluto rosso e cornici dorate. Un gruppo musicale (adatto alla clientela) strimpella la canzone con trombe dorate (almeno quanto le cornici) e una cantante graziosa che mi immagino essere la cugina di terzo grado di Dita von Teese. I ragazzi stagionatelli vogliono darci dentro a tutti costi, ed è tutto uno stappare di bottiglie di Champagne, brindisi di pinte di birra, accese questioni e risate. Alle scene di brindisi si alternano quelle dei nostri eroi che, colti da fame chimica come ogni buon adolescente che abbia esagerato con l’alcol ad una certa ora della notte, si rimpinzano di fish and chips in una rosticceria notturna, quella tipologia di locali pseudo ambulanti che nelle zone del centro e nord Italia viene definita in un modo poco elegante e lusinghiero.

Come se non bastasse Rob e gli altri si permettono anche di fare i bulli con lo stesso giovane Barât che, indispettito, deve subire gli sfottò dei nonni, scatenati, in vena di scherzi e visibilmente alterati dall’alcol. La rivincita dei nonni, verrebbe da dire. Allora il regista ci riporta al pub di velluto rosso, dove scopriamo l’innata capacità del vecchio Rob di sedurre una sua coetanea, seduta lì vicino, con sguardi spinti. Dopo un minuto sono già lì a ballare insieme una sottospecie di waltzer sulle note del complessino charleston ma ecco che la gelosia del presunto boyfriend della ballerina gli porta un bel pugno nello stomaco.

Intanto, nella tranquilla quiete della casa di campagna, la moglie di Rob aspetta a casa, sorbendo la tipicissima – anche questa – tazza di tè. Una tranquillità che Bob, giunto all’alba stanco, ubriaco e dolente per le botte del boyfriend geloso, rivaluta alla fine del video, quando la vecchia moglie gli cura le ferite lasciandogli un bacio e il conforto di essere tornato a casa.

Ci sono due motivi per il quale consiglierei questo video.

Prima di tutto, la canzone è gradevole: descrizione di una ragazza che tenta inutilmente di dissuadere l’autore dal frequentare certe cattive compagnie (she wants me to change / My path to the grave) ma che alla fine vede la rassegnata ma determinata scelta del ragazzo di seguire gli amici nelle scorribande notturne, e di mollare la ragazza tanto carina ma forse noiosetta (Better let her go).

Il secondo motivo è perché ogni volta che lo vedo non posso fare a meno di vedere una grottesca ma possibile previsione del nostro futuro, perlomeno auspicabile. Finire a settant’anni con una moglie che ti ama – nonostante tutto – e con degli amici casinisti con i quali fare baldoria. E correre nella notte.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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