Nota: scopo di questa rubrica non sarà quella di segnalare e/o recensire tutti gli anime (e in futuro i fumetti, i manga, i cartoni, i webcomic, i vattelapesca, etc) esistenti, ma semplicemente quelli, con beneficio d’inventario, sui quali sarà valsa la pena spendere due parole – in positivo o in negativo

Iron Man (12 episodi, casa di produzione: Madhouse): certo che iniziare un articolo sugli anime partendo da Iron Man ce ne vuole – eppure la Madhouse, una delle case di produzione nipponiche di più lungo e positivo corso (ha prodotto, tra le altre cose, Jenny la tennista, le opere di Satoshi Kon, Trigun, Gungrave e The Tatami Galaxy) (quest’ultimo forse il miglior anime del 2010), non è nuova a questo tipo di progetti – veri e propri flirt con alcuni grandi personaggi del mercato mainstream occidentale (come Batman, Hulk, Stitch di Lilo & Stitch). Questo Iron Man fa parte di una collaborazione a più riprese con la Marvel, a cui seguiranno ulteriori serie televisive dedicate a Wolverine, agli X-Men e a Blade. Per quanto riguarda la serie, be’, non è stata un granché: character design non molto accattivante, e una storia di quelle già viste e riviste. Speriamo meglio per le prossime, insomma.

Panty & Stocking with Garterbelt (13 ep, Gainax): indubbiamente la serie dell’autunno. Uno sposalizio fra stili visivi presi di peso dai cartoon ammeregani (il tratto è un rimando continuo alle opere di Tartakovskij e McCracken) e umorismo scatologico della peggior risma. Una cavalcata demenziale fra i generi e gli stereotipi narrativi con un finale di serie che capovolge tutto l’intreccio, nella migliore tradizione Gainax (quelli di Evangelion, per capirci).

Shinryaku! Ika Musume (12 ep, Diomedea): una calamaretta di sembianze antropomorfe alle prese con gli esseri umani. Detta così sembra la versione televisiva di Ponyo, ma qua siamo di fronte al trionfo del moe* e della stupidità eretta a bandiera narrativa. Non che sia il male assoluto, ma oltre alle classiche situazioni demenziali e alle occasionali trovate grafiche, non è che ci sia molta ciccia.

Sora no Otoshimono Forte (12 ep, AIC): l’ecchi** spiegato al popolo. A tratti interessante, ma non bastano una sigla divertente e qualche fuoco d’artificio visivo per reggere tutta la, stanca, baracca.

The world god only knows (12 ep, Manglobe): se si riesce ad andare oltre a quelle che sembrano essere le solite formule commerciali giapponesi per attirar gonzi (ovvero le ragazzine discinte, il fanservice*** continuo, la situazione di harem**** permanente), si potrà scoprire una serie che in realtà riesce anche a giocare e a mettere alla berlina questi stessi elementi (seppure senza mai affondare veramente il colpo).

Hetalia: Axis Powers (52 ep, Studio Deen): non. Avete. Idea. Rimando tutto a un prossimo articolo dedicato. Intanto gustatevi l’immagine.

*con questo termine ci si riferisce a una serie di caratteristiche, genericamente mutevoli nel tempo e legate a particolari stili e dettagli visivi, che si suppone attraggano in maniera forte alcuni segmenti della popolazione. Negli ultimi anni, nel campo dell’animazione giapponese, il moe è rappresentato, ad esempio, da quei personaggi femminili dagli occhi esageratamente grandi, con un ciuffo di capelli ribelle alla pettinatura che spunta dalla sommità della testa, e dal comportamento generalmente grazioso e adorabile.

**termine con il quale vengono indicati disegni e situazioni narrative legati (in maniera più o meno pesante, o più o meno velata) all’erotismo.

***con fanservice si intende quel complesso di dettagli visivi o narrativi superflui che vengono inseriti nell’opera per soddisfare un certo tipo di target. Il fanservice più diffuso è quello di tipo sessuale (nel quale i personaggi principali vengono mostrati in abiti succinti o in situazioni imbarazzanti).

****sottogenere dell’ecchi, presenta una situazione narrativa nella quale un personaggio maschile (solitamente il protagonista) deve giostrarsi fra più relazioni sentimentali-sessuali contemporaneamente senza impegnarsi seriamente in alcuna. Il contrario, con un personaggio femminile ad avere più relazioni, viene definito reverse harem. Può essere elemento portante dell’opera, o anche solo accessorio (in Ranma ½, ad esempio, viene utilizzato come intermezzo comico fra i vari archi narrativi dedicati al combattimento).

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