AltrodiBlogger Erranti,25 luglio 2013
Empire of the Sun – Ice on the Dune: la recensione
Ice on the Dune, il secondo album del gruppo Empire of the Sun, è uscito in Italia lo scorso giugno. Grazie a un vorticoso hype in rete e ad alcune trovate pubblicitarie molto azzeccate, il duo australiano è di nuovo sulla cresta dell’onda.
Avevamo conosciuto il bizzarro duo, in arte l’Imperatore Steele e Lord Littlemore (all’anagrafe Luke Steele e Nick Littlemore), nel lontano 2008, quando il loro album Walking on a Dream scalò rapidamente le classifiche del globo. Fecero così la loro comparsa quel contagioso riff di chitarra, i bassi coinvolgenti, i testi non sempre facilmente decifrabili, le coreografie epicheggianti e futuristiche e la voce ultraterrena e marziana di Steele.
In effetti, correndo il rischio di venire spediti alla neuro, gli EOTS hanno sempre voluto presentarsi come un duo extraterrestre, proveniente da un altro pianeta e da un futuro non ben definito. Un futuro che però, a livello musicale, non sconvolge certo i canoni classici della musica elettronica più danzereccia, riproponendo in maniera incessante i soliti modelli triti e ritriti di dance electro-pop. Si tratta di una sonorità nostalgica elettronica degli anni ’80, ideale per far breccia nelle menti e nei cuori di milioni di teenagers (aiutata dai remix di David Guetta), ma anche in quelli dei reduci di quel decennio e di responsabili di multinazionali, che già in passato non si sono fatti sfuggire la possibilità di utilizzare questi brani per spot pubblicitari.
A questo punto, è chiaro che da Ice on the Dune non ci si aspetta certo qualcosa di diverso dalla generale volontà di vendere un prodotto commerciale, gradevole a molti e specialmente indicato per le serate in spiaggia con mojito, cannuccia e ombrellino. Il primo singolo dell’album Alive è già stato rimbalzato da tutte le radio commerciali e dalle disco, tanto che non c’è giorno che le sue note non risuonino al supermercato, mentre siete in fila all’autogrill o in un negozio di abbigliamento.
Al di là delle critiche feroci di alcuni giornali di musica, che hanno puntato il dito contro il sound troppo ‘80s e molto poco innovativo, Ice on the Dune è sicuramente un disco energico, positivo, persuasivo e ipnotizzante. Impossibile stare fermi con brani come Old Flavours (dalle sonorità orientaleggianti), DNA e Awakening, sempre a patto, però, che ci si ricordi che non siamo certo di fronte a un disco epocale e di ricerca artistica complessa, quanto invece a un enorme progetto di marketing che, vi piaccia o no, non potrete evitare di sorbirvi, a meno che non abitiate in una casupola sul Monte Pasubio.
In definitiva, se il grande Giorgio Moroder ha recentemente dichiarato che fare dischi è un mestiere come un altro, un semplice mezzo per fare soldi, sembra che gli EOTS lo abbiano preso alla lettera. E non è detto che, per quanto siate hipster, non vi ritroverete a fischiettare Alive sotto la doccia, o sotto al sole rovente dell’estate 2013.
Scritto da Massimiliano Lollis.
Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.