AltrodiBlogger Erranti,14 marzo 2011
James Walbourne – The Hill e l’America stradaiola
James Walbourne -trentenne proveniente da Muswell Hill…sì, avete capito bene, proprio quella Muswell Hill che diede i natali ai The Kinks- esordisce finalmente sulla lunga distanza dopo un’infinita serie di collaborazioni che l’hanno visto tra gli altri con i Pernice Brothers, i Pretenders, i Pogues, i Son Volt di Jay Farrar, ma anche con i Death in Vegas, i Saint Etienne e persino Jerry Lee Lewis.
Qui però siamo in territori diversi da quelli esplorati dai fratelli Davis e l’inglesità del disco è più che altro trapiantata nel nuovo mondo.
“The Hill” (questo il titolo dell’album), infatti, si apre con la traccia omonima, una ballata degna del miglior John Mellencamp , che da il via ad una serie di pezzi davvero piacevoli.
“Songbird” è altro lento delizioso mentre “Northern Heights” inizia come la Steve Miller Band per lambire poi certi stilemi da festa irlandese dove scorgi uno Shane Mac Gowan ubriaco a far da mattatore…
“Fool” pare il George Harrison di All things must pass, mentre in “Sailed the seas” rifanno capolino i Pogues.
Il viaggio continua con il Tom Petty della sontuosa “Never going to leave” ma intanto abbassiamo i finestrini e scappottiamo l’automobile, facciamoci accarezzare dell’aria crepuscolare del deserto, la California è ad un passo.
“Cocaine Eyes” difatti, rimanda a certi gruppi inglesi innamorati di americana come i Faces e pare -per certi versi e con il dovuto rispetto- una outtake da quel capolavoro intitolato Exile on Main Street.
D’accordo si tratta nel complesso di sonorità certamente non originali, dacchè si naviga sempre nell’ambito di consolidate tradizioni, ma il disco probabilmente non dispiacerebbe a Cameron Crowe per un’ipotesi di colonna sonora di una pellicola on the road (magari senza Orlando Bloom ma confermando una Kirsten Dunst o una Zooey Deschanel)
E allora fate finta di uscire a bere un paio di birre con Neal Cassady a New York City e ritrovarvi quindi a San Francisco (o viceversa) il giorno dopo. Questo è (anche) quello che potreste ascoltare lungo la strada.
Scritto da Fabio Plodari.
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