Presentato allo scorso Sundance Film Festival, Frank è una coproduzione anglo-irlandese diretta da Lenny Abrahamson. La storia del film è ispirata a Frank Sidebottom, personaggio televisivo creato dal musicista e comico inglese Chris Sievey divenuto popolare nell’Inghilterra degli anni ’80, estremamente riconoscibile grazie ad un’enorme testa di cartapesta che indossava costantemente. Il film narra la storia di Jon (Domhnall Gleeson), appassionato musicista ritrovatosi un po’ per caso a far parte dell’eccentrica band musicale Soronprfbs, capitanata proprio da Frank Sidebottom (Michael Fassbender), musicista carismatico e talentuoso la cui estrema originalità è evidenziata proprio dall’enorme testa di cartapesta cui si accennava poco sopra.

Frank è un’opera difficilmente classificabile: vicina al genere della commedia surreale, contiene forti elementi drammatici ed alcuni momenti che ricordano il documentario musicale. Il film si divide in due parti nettamente distinte: nella prima metà, ambientata per lo più in una casa in riva al lago, i rapporti umani tra i membri della band e le difficoltà di ambientamento di Jon vengono descritti tramite un registro per lo più comico-surreale. In questa prima parte il regista non sempre centra il bersaglio, le scene comiche appaiono costruite per essere cool ad ogni costo, risultando un po’ artificiose e perdendo in naturalezza. Piuttosto gratuito, per esempio, il riferimento ad una scena praticamente identica de Il grande Lebowski, quella dello spargimento delle ceneri. Altre situazioni comiche risultano piuttosto riuscite, come quella in cui Jon e Clara, fino ad allora acerrimi rivali, si ritrovano da soli nella vasca idro-massaggio in mezzo al bosco. Da lodare, inoltre, l’accuratezza con cui il regista costruisce le numerose sequenze musicali: alcuni brani, al di là dell’assurdità dei testi, sono realmente piacevoli e il crescendo musicale di alcune scene è davvero coinvolgente.

Nella seconda parte del film, quella della trasferta in Texas, il tono leggero e ironico lascia spazio ad una riflessione profonda e amara sulla crisi d’identità che in modo diverso colpisce tutti i membri della band. I personaggi fanno i conti con l’anticonformismo estremo delle loro scelte e in particolare del loro leader spirituale Frank la cui enorme testa, simbolo fino a quel momento di integrità artistica e pura ispirazione, diventa una maschera delle sue paure e della malattia mentale che lo colpisce. Proprio il rapporto tra la creazione artistica e i problemi mentali è il tema principale del film. E in un breve dialogo si cita persino il diamante pazzo Syd Barrett, leader dei primi Pink Floyd, forse il più grande rimpianto della musica rock del secolo scorso.

Michele B.Chiara C.Giusy P.
77 1/27