Dalla scorsa settimana sono disponibili sul sito della Biennale di Venezia (ma anche sul canale YouTube, organizzati in una comoda playlist) tutti i corti che sono andati a comporre il progetto Venezia 70 – Future Reloaded.

Spiega la stessa pagina: “Per celebrare la 70a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, la Biennale di Venezia ha dato vita al progetto speciale Venezia 70  –Future Reloaded. 70 registi di tutto il mondo sono stati invitati a realizzare un cortometraggio di durata compresa fra 60 e 90 secondi, in totale libertà creativa. (…) Future Reloaded è un omaggio d’autore collettivo alla Mostra (primo festival al mondo a raggiungere il traguardo delle 70 edizioni), e insieme una riflessione sul futuro del cinema, filtrato dalla sensibilità personale di ciascun regista“.

I 70 cortometraggi, messi assieme in rigoroso ordine alfabetico per una durata complessiva di 120 minuti, sono stati proiettati in seguito al film d’apertura della 70. Mostra, Gravity di Alfonso Cuarón. L’operazione ricorda quella imbastita qualche anno fa da Cannes con Chacun son cinéma, solo che in quel caso gli anni festeggiati erano (solo) 60, il numero di registi chiamati in causa era l’esatta metà e il tempo messo loro a disposizione veniva raddoppiato. Le osservazioni che il film cannense sollevava non sono poi così distanti da quelle che possiamo fare a Future Reloaded: un lavoro inevitabilmente frammentario eppure gradevole nel suo fluire, forse meno livellato di quanto si sarebbero aspettati i curatori del progetto (la seconda metà ci è sembrata generalmente più ispirata). Alcuni corti sembrano essere stati realizzati solo per marcare presenza, altri sono passabili, altri ancora dei veri e propri divertissment; alcuni riescono a condensare stili e poetiche di una vita in 90 secondi, altri ancora sono veri e propri piccoli capolavori.

In barba al sontuoso sfarzo numerologico imbastito dal festival, abbiamo deciso di suggerirvi una piccola selezione di quelli che, a nostro sindacabilissimo parere, sono i migliori 10 corti che compongono Future Reloaded. Ve li proponiamo in carrellata, ordinati con il medesimo criterio alfabetico della versione “ufficiale”:

  • Atom Egoyan, Butterfly
  • 84 secondi sono sufficienti ad Egoyan per ragionare in modo compiuto su cinema, memoria e soggettività (dello sguardo, della fruizione).

  • Kim Ki-duk, My Mother
  • Diceva Kim ai tempi di Pieta: “My mother is like a saint of epiphany”. Ora, decide di presentarcela.

  • Samuel Maoz, The End
  • Cinema presentato come vecchio uomo morente, intento a lamentarsi di telefonini, digitale, colore e sonoro, ridotto infine ad una fra le tante opere d’arte moderna che affolleranno i musei di un futuro imprecisato. Il tutto con colori, umorismo ed ironia che difficilmente avremmo detto propri del regista di Lebanon.

  • Pietro Marcello, (senza titolo)
  • Musica di Schnittke e parole di Franco Maresco (che legge Debord) per un appassionato e romantico omaggio – attraverso il collage di materiali vari – alla Venezia di un tempo.

  • Franco Maresco, L’ultimo leone
  • Maresco omaggia la 70. Mostra in pieno stile Cinico TV, con tanto di torta di compleanno, leone di cioccolato, dedica a Bertolucci e saluti al direttore Barbera.

  • Salvatore Mereu, Transumanza
  • Sul massiccio calcareo del monte Corrasi, un pastore e il nipote scoprono la propria identità guardando su un cellulare una sequenza di Banditi ad Orgosolo di Vittorio de Seta.

  • Shirin Neshat, (senza titolo)
  • La Neshat ri-monta Ottobre e la celebre sequenza della scalinata di Odessa de La corazzata Potëmkin: adesso è la madre con il figlio in braccio a fare indietreggiare i cosacchi dello Zar. Cinema capace di riscrivere la Storia e (forse) di redimere il mondo grazie al potere della sua finzione.

  • Paul Schrader, (senza titolo)
  • Riflessione on the road dello stesso Schrader – imbragato in un tentacolare sistema per la registrazione video – su presente, passato e futuro del cinema.

  • Sion Sono, My Future Is Cinema’s Future, Cinema’s Future Is My Future
  • Uno stranito Shota Sometani (il ragazzino di Himizu, dello stesso Sono) irrompe, telecamerina alla mano, al party che celebra la 70. Mostra. Seventy! Seventy!

  • Shinya Tsukamoto, Abandoned Monster
  • Tsukamoto dirige assieme al figlio un monster movie a dimensione di bambino, tra figurine e scenografie di cartone.

    Fonte: La Biennale

    Scritto da Giacomo Ferigioni.
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