Ecco quello che sappiamo di Alo: rosso di capelli, un po’ cialtrone, amico di Rich, porta un osso al collo come ciondolo. Negli episodi  precedenti il ragazzo è stato quasi una comparsa, un volto familiare della gang, ma anonimo. Ora prendete la regia di Jack Clough, la sceneggiatura di Daniel Lovett e qualche pezzo della mucca Bessie; mescolate il tutto e infine avrete la miglior puntata della terza generazione di Skins.

Alo è un adolescente e fa cose da adolescente: inizia la giornata ululando alla campagna, fa colazione con banana e conclude la giornata ad una festa. Una tabella di marcia bizzarra, ma non così tanto se osservata con gli occhi disincantati dell’adolescenza; un periodo che i genitori di Alo sembrano aver dimenticato.

Il signore e la signora Creevey infatti tentano, in modo poco democratico, di interrompere prima del tempo la gioventù del figlio. Dimenticate la tabella di marcia descritta in precedenza, d’ora in avanti la vita agreste del ragazzo sarà scandita dal lavoro in fattoria e altro lavoro in fattoria.

E cosa accade quando viene compromessa la giovinezza? come cantano i Beastie Boys “fight for your right (to party)” e così il ragazzo cerca di difendere il suo diritto a festeggiare l’adolescenza: progetta sofisticati gavettoni di profilattici, a base di uova e farina, e  trascorre il pomeriggio nudo, in rivolta contro la schiavitù parentale.

Tutto però è diventato so fuking hard, e il ragazzo dovrà adattarsi ai cambiamenti.  Come? per rispondere a questa domanda ci affidiamo alle parole di Mini , la quale prende temporaneamente le veci di Santa Franky e rassicura Alo: “Well… that what’s happens, but you adapt? don’t you? you look at what’s changed and you find a way to own it”. Anche se le parole della ragazza sono un po’ autoreferenziali il consiglio è comunque calzante, ma Alo sembra impassibile anche di fronte al discorso di Mini, solo Rich (involontariamente)  riuscirà a convincerlo ad adattarsi alle responsabilità dell’età adulta. Il parallelismo tra Alo e il masso, inoltre, simbolo di staticità che in ultimo viene spostato dallo stesso protagonista (segno di cambiamento) è forse un po’ didascalico, ma non fastidioso.

L’episodio trova poi la giusta distanza nel finale; nessuno ha ragione e nessuno ha torto: da un lato i genitori non possono pretendere che il ragazzo cresca e si responsabilizzi immediatamente così come Alo non può rimanere immaturo per sempre; tutto deve essere affrontato per gradi e nel momento giusto.

In questa puntata Skins lavora particolarmente d’astrazione e sfrutta tutto il suo potenziale: prende il telespettatore e lo porta fuori Bristol, in un contesto bucolico dove regna il concreto; dopodichè stravolge il noto, attraverso situazioni portate all’eccesso, a volte addirittura pulp, e con una colonna sonora in completa antitesi alle immagini, esalta la percezione dei personaggi amplificandone i gesti e i movimenti. L’episodio, infine, offre 40 minuti di pura adolescenza: dal gioco, fino alla la ricerca di sé stessi, passando al desiderio di ribellarsi ai potenti, possiamo sentire l’odore della gioventù in ogni scena. Questo è lo “Skins” che ci piace.

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