The Good Wife – Stagione 3: la recensione
Con la nuova stagione seriale arriverà puntuale anche il quarto capitolo di The Good Wife, in partenza su CBS il 30 settembre: nell’attesa ricapitoliamo quello che ci hanno fatto passare Alicia Florrick e i suoi colleghi nella terza stagione, conclusasi lo scorso aprile (va da sé che la recensione conterrà SPOILER).
L’impressione è che stavolta The Good Wife abbia scontato un po’ la lunghezza (più stanchi del solito certi casi della settimana) e il gran numero di storyline che la contraddistinguono, disperse un po’ ognuna per proprio conto; allo stesso tempo il gran numero di episodi ha permesso di aggiustare più volte il tiro in itinere, di seguire evoluzioni e cambiamenti, e di riunire poi i fili attorno a poche, rilevanti questioni. Ci troviamo dunque davanti a una stagione comunque ottima, solo leggermente più discontinua delle prime due.
L’inizio è scoppiettante, tra casi interessantissimi (nella premiere “A New Day” si accenna all’influenza delle lobby israeliane sulla politica, cosa più unica che rara in un prodotto broadcast americano; 3×07, “Executive Order 13224” tratta dell’ambiguità della legge intorno al sospetto terrorismo nel post 9/11) e nuovi, riuscitissimi personaggi, come la Celeste Serrano di Lisa Edelstein.
Ben gestita anche la rischiosa questione Will/Alicia, dopo due stagioni in cui il possibile/impossibile evolversi del rapporto tra i due era stato uno dei motori principali della tensione narrativa. L’eccitazione, il segreto da mantenere, i sospetti di Diane, e il progressivo e imprevedibile delinearsi di una situazione in cui è Will ad apparire più vulnerabile, mentre Alicia è animata da ben altra consapevolezza e disincanto. Liberatasi in parte dal peso delle abituali ipocrisie, Alicia sente che gli unici veri obblighi che deve rispettare riguardano i propri figli: e proprio in nome dei suoi doveri di madre prenderà la decisione forse discutibile, ma comprensibile e in character, di lasciare Will (lodi a Josh Charles per riuscire a rimanere sul filo dell’introspezione senza abbandonare la razionalità che contraddistingue il suo personaggio). Archiviato (per ora) il capitolo Will, una Alicia combattiva e a tratti cinica si ritrova ad affrontare questioni familiari che riportano alla luce il passato (l’acquisto della vecchia casa) e si allungano sul futuro (la scelta di convenienza di rimanere accanto a Peter).
Will ha comunque altro per la testa, trovandosi al centro di un’indagine per corruzione portata avanti dalla procura nella persona della rediviva Wendy Scott-Carr, assunta dall’ex-rivale Peter in persona, e poi, ovviamente, sconfitta in modo particolarmente gustoso in 3×14, “Another Ham Sandwich”, uno dei migliori della stagione. Will se la caverà con una sospensione, ma i guai per la Lockhart & Gardner sembrano tutt’altro che finiti, come confermato dall’ultimo brillante episodio, 3×22, “The Dream Team”, tra doppi e tripli giochi e avversari fenomenali (il solito Cunning di Michael J. Fox in coppia con la subdola Patti Nyholm di Martha Plimpton).
Come sempre, graditissime le numerose guest star, sia le recurring, alle quali ci siamo ormai affezionati, che le nuove: i già citati Michael J. Fox e Martha Plimpton, la Nancy Croizer di Mamie Gummer, Dylan Baker/Colin Sweeney, Anna Camp nel ruolo della non-così-oca Caitlin, la sempre meravigliosa Elsbeth Tascioni di Carrie Preston (la Arlene di True Blood). E a fine stagione arriva un nuovo antagonista che dà del filo da torcere ad Alicia e soprattutto ne darà a Peter: Matthew Perry interpreta infatti l’avvocato Michael Kristeva, che nel giro di un paio di episodi si guadagna lo status di supercattivo come avversario di Peter Florrick nella corsa a governatore. La nuova battaglia politica si preannuncia avvincente, e possibilmente con Eli Gold a dare di nuovo il meglio di sé.
Già perché per gran parte della stagione si riscontra una sorta di appannamento della personalità dei personaggi di cui in passato ci siamo letteralmente innamorati, ovvero Eli e Kalinda: al primo vengono affibbiate improbabili crisi da gestire che sembrano messe lì solo per permettere ad Alan Cumming di sfoderare il suo repertorio di espressioni divertenti; anche la scelta di introdurre l’ex moglie che si butta in politica lascia un po’ il tempo che trova. Più interessante la sua insofferenza verso l’ambiente lavorativo della L&G, e irresistibili le continue scaramucce con David Lee. Kalinda è invece ridotta a scaltra seduttrice per diversi episodi, finché non diventa protagonista di una storyline particolarmente noiosa, tra problemi col fisco e amanti gelose; per fortuna sul finale di stagione la temperatura sale un po’, e contemporaneamente il suo riavvicinamento ad Alicia non può che farci contenti. Tra le novità più rilevanti per il futuro, anche il ritorno di Cary Agos alla L&G, che speriamo lo terrà al riparo da partner inutili come Dana Lodge in questa stagione.
Il finale ci lascia dunque con il fiato sufficientemente sospeso e la promessa di nuovi giochi di potere, badassness e tanta ambiguità; sperando magari in svolte narrative più coraggiose, con l’augurio che non venga mai snaturata l’indiscussa classe che lo show di Michelle e Robert King continua ad emanare.
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