Le migliori Serie TV del 2016
Il best of seriale di Cinema Errante, tra Stranger Things e altre meraviglie
Lo scorso anno c’eravamo lasciati con questo avvertimento: “Il 2016 si dovrà impegnare molto per renderci altrettanto felici!“. Com’è andata? Bene. Anzi, alla grande. La nuova stagione ha segnato un’annata da copogiro, dal tormentone Stranger Things, all’impegno di Atlanta, fino a nuovi cult ad alto tasso di assuefazione come Westworld, le migliori Serie TV del 2016 sono…
Chiara Checcaglini: Atlanta. Con Atlanta il talentuoso autore-attore-rapper Donald Glover dimostra un’inventiva fuori dall’ordinario, e tocca in una manciata di episodi questioni cruciali della black culture senza dimenticare di sottolineare dove si situano il privilegio e il buonismo. La serie più importante dell’anno.
Eleonora Benecchi: The Flash. Mai come quest’anno ha solleticato il mio lato Nerd. Due cose su tutte: Kevin Smith alla regia e le decine di inside joke a tema Harry Potter per l’ingresso di Tom Felton nel cast. E poi mondi paralleli, male e bene che si mescolano, crossover di dimensioni epiche…devo dire altro?
Eugenio De Angelis: Making a Murderer. Il thriller più coinvolgente ed emozionante dell’anno è un documentario di dieci ore su un incredibile caso di omicidio nell’America rurale, con multipli colpi di scena. Il merito è di due giovani registe capaci di bilanciare alla perfezione inchiesta giornalistica, legal drama e spaccato sociale.
Giacomo Brotto: American Crime 2. Una stagione che denuncia omofobia, bullismo e privilegi borghesi, mostrando come la violenza di genere può essere veicolata e mistificata da media e potenti, dev’essere celebrata con l’importanza che merita. Menzione simpatia alle dirompenti protagoniste di Chewing Gum e Better Things, per le seguenti (1) ragioni (2).
Giusy Palumbo: High Maintenance. Storie del tipo che a New York – in bici, con zainetto e caschetto – vende erba e vede gente. Scrittura non convenzionale, estetica gentrificata e fumo, fanno di HM una serie intelligente, effimera e divertente. Remember: il geniale fag hag di Meth(od) e il punto di vista del cane in Grandpa. “Droga? Questa è erba, non è droga”.
Antonio Maiorino: Stranger Things. Gioiellino prodotto da Netflix, la serie horror sci-fi appassiona con un genuino calore cinefilo che è diverso sia dal citazionismo dell’operazione di recupero, sia da serie ben confezionate ma freddine . Entertainment puro e disinvolto.
Davide Vivaldi: Stranger Things. Omaggiando il cinema fantastico anni ’80 con protagonisti ragazzini, da Stephen King a Steven Spielberg, i fratelli Duffer ricreano quell’atmosfera di innocenza e meraviglia che ci vede troppo coinvolti per non rispondere all’appello, aggiungendo un sottotesto inquietante che non lascia indifferenti.
Ilaria De Pascalis: Stranger Things. Serie immaginifica, dalla scrittura sofisticata, che mette insieme personaggi intensi con traiettorie narrative forti. Trae il meglio dalla nostalgia per gli immaginari USA anni ‘80, senza però mai essere prevedibile. Interpretazioni magistrali e scenari originali che coinvolgono completamente.
Gualtiero Bertoldi: Westworld. 10 ore di studio sul come la memoria sia l’elemento cardine nella costruzione e nella definizione dell’identità personale, il tutto rappresentato tramite una sovrapposizione di linee temporali e narrative finalmente ingegnosa. Questo, grandi attori, il vecchio west (più Leone che Ford), e molto altro.
Lucia Tralli: Jane the Virgin. Un piccolo capolavoro di scrittura, che si riconferma una delle migliori guilty pleasure seriali. Nel più surreale dei mondi da soap troviamo donne (e problemi) reali, e un cast di personaggi a cui non potrete fare a meno di volere sempre più bene.
Michele Boselli: The Affair. Nonostante una seconda stagione non all’altezza della prima, The Affair si conferma un interessante thriller dell’innamoramento, oltre che un ritratto amaro e cupo della società americana. La terza stagione è iniziata alla grande.
Sara Mazzoni: The OA. Novità Netflix firmata dall’eroina indie Brit Marling, è una serie di fantascienza misteriosa e misticheggiante, che travalica tutti i canoni televisivi. Linguaggi da cinema autoriale e weirdness a palla, è una boccata d’aria fresca nel panorama seriale.
BONUS: Friends
Edoardo Peretti: Non è un modo ironico e provocatorio per dire che le serie d’oggi non valgono i cult di una volta; assolutamente. Solo che ho il limite di guardarne poche, e spesso in ritardo. Con Friends invece sono cresciuto, e la 4°/5° recente visione mi ha confermato l’idea un po’ inquietante di essere un misto tra Chandler e Ross.