Breaking Bad 5×03: la recensione
Hazard Pay è diretto da Adam Bernstein – già dietro la macchina da presa in altri sette episodi di Breaking Bad – e scritto da Peter Gould, che sostituisce il creatore Vince Gilligan, sceneggiatore dei primi due episodi della quinta stagione.
Il preambolo vede Mike recarsi in un carcere, come finto assistente di un avvocato, per parlare con uno dei suoi uomini e accertarsi del suo silenzio e della sua collaborazione, perché «a deal is a deal».
Poi il racconto torna a Walter, che rientra a casa; e, mentre disfa la valigia, ecco spuntar fuori da uno scatolone una vecchia e consunta edizione di Leaves of Grass di Walt Whitman: un’autocitazione, perché il nome del poeta statunitense (più volte evocato nella serie) ha già “salvato” Walt in un’altra occasione, quando è riuscito a ingannare Hank sulle sue iniziali, segnate su un foglio da Gale, il vecchio assistente di laboratorio eliminato nel finale della terza stagione; ed è forse per questo che Mr. White accenna il suo sorriso beffardo, nel ritrovarsi il libro tra le mani.
Con una “riunione d’affari” tra Walter, Jesse, Mike e Saul, la narrazione riprende dinamicamente: Walt e Jesse dovranno cucinare, Mike si occuperà del business, e Walt gestirà Mike – sussurra il “boss” a Saul. L’urgenza è ora trovare un nuovo laboratorio, dove iniziare a cucinare, da owners e non più da employees – come piace sottolineare a Jesse: le prime ispezioni sono dei fallimenti (un posto è troppo umido, l’azienda alimentare subisce troppi controlli, il Lazer Base viene escluso a priori), ma alla fine viene trovata la soluzione ideale: con la complicità di quattro addetti fidati e ben disposti, le case in via di disinfestazione (che non suscitano sospetti e dove nessuno entrerebbe) saranno un ideale mobile lab, dove entrare, montare le apparecchiature, cucinare per massimo due giorni, smontare e andarsene. «Do we take a vote?», chiede Mike dopo la proposta, «Why?» è la risposta di Walt: la decisione è già stata presa.
Uno stacco, e rivediamo due volti noti: gli amici tossici di Jesse, che in un negozio di strumenti musicali, fingendosi membri di una band (i Vamonos Pest) stanno acquistando per suo conto delle casse per strumenti, utili per trasportare tutta l’ingombrante attrezzatura dei “cuochi”.
Poi una tra le migliori sequenze dell’episodio: il discorso che Mike tiene ai quattro impiegati disinfestatori, i quali non dovranno vedere né sentire né parlare con Walter e Jesse, due ghosts che arriveranno e andranno, in piena libertà (ma uno dei quattro infrange il primo giorno una di queste regole, come ad avvisare lo spettatore che “non tutto andrà secondo i piani”).
Tornano poi a farsi vedere anche Andrea e il figlio Brock: solo una breve “visita”, perché il manipolatore Mr. White, dopo essersi trovato faccia a faccia con il piccolo (funzionale il piano medio che li vede fissarsi sul divano, in silenzio), fingendosi interessato alla vita sentimentale di Jesse e dopo essersi accertato che la donna non sappia nulla dei loro affari, spinge il giovane a lasciare la sua “famiglia”, perché «secrets create barriers between people».
Una sequenza – a tratti forse un po’ kitsch –, accompagnata solo dalla musica di On a Clear Day You Can See Forever, cantata da Frank Sinatra, mostra i due cuochi finalmente al lavoro, tra macchinari, tubi, fumi, liquidi e gas, atomi che si uniscono e particelle che si dissolvono.
A Skyler spettano due tra le migliori sequenze dell’episodio: la crisi di nervi all’autolavaggio, quando zittisce la sorella a furia di “shut up”, per poi esplodere in un isterico attacco di pianto (i dubbi di Marie vengono poi dissolti da Walt, che incolpa la relazione con Ted Beneke e il grave incidente di quest’ultimo – e ancora l’ironico sorriso di Mr. White, in un abbraccio con la donna, sconvolta dalla notizia); e quella che la vede svegliarsi in serata dagli spari provenienti dalla televisione: Walt, bambina in braccio, e il figlio stanno guardando Scarface (1983, Brian De Palma) e un primo piano del volto atterrito di Skyler è montato parallelamente alla furia omicida di Al Pacino («Everyone dies in this movie», sottolinea Walt, quasi a presagire l’inevitabile), fino a una dissolvenza incrociata, in cui il rumore dei proiettili lascia spazio al fruscio di un contabanconote.
Nell’ultima sequenza, ecco l’hazard pay del titolo: la maggior parte del denaro guadagnato dalla prima “cottura” viene sottratto dal business man Mike, per pagare spacciatori, trasportatori (mules, in gergo), Ira e i ragazzi disinfestatori, Goodman, e infine i suoi nove uomini.
L’ultima inquadratura è per Jesse, stranito da un ambiguo discorso di Walt, che ricorda Victor, a cui Gus tagliò la gola, forse perché aveva infranto qualche regola e, come Prometeo, aveva osato troppo; lasciando così presagire che potrebbe essere la sorte riservata anche a Mike, se continuerà a prendersi troppe libertà con il machiavellico genio Heisenberg.
In conclusione un buon episodio, che continua a scavare nel personaggio di Walter e lascia spazio alla figura di Mike, con un intreccio come sempre ben strutturato e funzionale allo sviluppo narrativo di una stagione che, ne siamo certi, riserva ancora molte sorprese.
Scritto da Luca Pasquale.
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