Skins 6×03: la recensione
Skins: dopo gli avvenimenti dei primi due episodi (cliccate qui e qui, non fate i timidi!) Alex deve affrontare diverse sfide; raccontare per la terza volta il tema dell’epifania e introdurre un nuovo personaggio, in un momento in cui l’ostilità e la chiusura sembrano gli unici sentimenti possibili. “Who the fuck are you anyway? We don’t know you, We don’t need you“.
Nelle generazioni precedenti, gli autori avevano solo sfiorato l’argomento del lutto, prima con la morte di Chris (presentata in modo abbastanza classico – funerale, confronto, unione) e, successivamente, con la folle scomparsa di Freddie. Inserire a inizio stagione la morte di Grace permette così allo show di sviscerare in profondità un tema solo abbozzato.
In Alex non c’è conciliazione, il lutto viene infatti affrontato dai protagonisti in forma privata e senza la ricerca di un confronto reciproco (probabile filo rosso di tutta la sesta stagione). Rich è assente, Mini si chiude in se stessa, Liv instaura una nuova amicizia e gli altri rimangono in silenzio. In contrapposizione viene mostrata l’irruenza della mercificazione del lutto attraverso un gruppo di freaks bravi ragazzi (mai visti prima) pronti a spendere fiumi di parole improprie su Grace.
Esclusa Liv, la quale si lascia andare a uno scatto d’ira durante la veglia dedicata a Grace e a un sussurrato “Why She?” con Alex, per gli altri rimangono solo gli sguardi persi e pieni di rabbia di un gruppo incapace di affrontare così presto un evento tragico e senza senso come quello di una morte prematura.
In parallelo al nonsense dell’epifania viene presentato il mondo escapista di Alex, il nuovo arrivato: “Numbers. If you live by this, everything’s random“. Il ragazzo sfida la monotonia della routine quotidiana affidandosi alla casualità dei numeri (un dado al quale corrispondono svariate azioni bizzarre), vive con la nonna affetta da alzheimer e instaura da subito un forte e ambiguo rapporto con Liv. La ragazza, visibilmente attratta da lui (tanto da violentarlo con lo sguardo ogni 5 minuti) , cercherà di sedurlo, ma senza riuscirci; Alex è gay (e per fortuna non asessuato come Maxxie). È riservato al ragazzo l’onere di interagire con l’ostilità del gruppo e di arricchire la puntata con un rassicurante WTF adolescsenziale.
Infine, l’unico modo per affrontare la morte di Grace è quello di partecipare ad un lutto estraneo e così l’addio finale alla nonna di Alex diventa per il gruppo la prima possibilità di catarsi (l’urlo di Mini, le parole e la telefonata di Frankie). A questo proposito è lodevole la capacità degli autori di calibrare sempre con estrema delicatezza ogni momento, senza ricorrere all’espediente dell’emozione forzata. Tutto è vero; tutto è poesia.
La sesta stagione presenta così un potenziale e una freschezza narrativa simili a quelli della prima generazione. Ok… let’s get fucked!
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E giusto per tentarvi diciamo che dovendolo descrivere è come leggere Fight Club di Palahniuk solo scritto 20 anni prima.
Non ho guardato questa stagione di Skins ma da quel che ho appena letto il personaggio di Alex prende liberamente ispirazione da “The Dice Man” di Luke Rhinehart un libro che consiglio a tutti.