Skins 5×03: la recensione
In questa puntata conosciamo più da vicino Mini, la stronza. Non posso negarlo: le mie aspettative erano molto alte, non tanto per l’origionalità del ruolo (quante volte nei telefilm abbiamo avuto a che fare con api regine?), ma per la possibile analisi del personaggio.
Guardare una puntata di Skins, infatti, significa tornare ragazzini: ogni episodio ha il meritevole pregio di riportare lo spettatore ai tempi della sua gioventù e di fargli rivivere lo stato d’animo, le ansie, i problemi e tutte le emozioni, spesso irrazionali, ingigantite e neofite, connesse al periodo dell’adolscenza. Nessuna patina o risvolti da soap opera. Per questo ero ansioso di conoscere Mini attraverso gli occhi degli autori i quali, nella mia immaginazione, mi avrebbero conquistato proponendomi un episodio anti-mean girls in puro british/skins style. E’ stato così solo in parte.
Mini è bella, invidiata e odiata. Quello che deve fare questa settimana è organizzare una sfilata di beneficenza. Ha anche un ragazzo di nome Nick. Lui vuole fare sesso, lei tenta segretamente di evitare un incontro che vada al di là del petting spinto. Come mai? la ragazza più bitch della scuola è in realtà vergine.
Il tema dell’episodio è quindi la prima volta, il sesso e l’apparenza. Quello che la ragazza deve fare questa settimana è organizzare una sfilata di beneficenza, simbolo di una rassicurante apparenza e di una situazione che è perfettamente in grado di gestire. Non si può dire lo stesso invece del rapporto sessuale; d’altronde con una madre che s’impegna costantemente a ricordare alla figlia i versi di Marco Ferradini fuori dal letto nessuna pietà, la chiave del suo comportamento è subito comprensibile. Mini farà di tutto per mascherare le sue insicurezza orchestrando sfilate e piani anti-sesso, ma alla fine perderà il controllo di ogni cosa e non riuscirà più a nascondersi.
L’odore dell’adolescenza è presente anche in questa puntata: nelle dinamiche tra Mini, Nick e Liv come nel dialogo tra Rich e Grace in discoteca o, ancora, in Mini alle prese con le posizioni perfette (questa scena mi ha ricordato quando negli anni ’90 le ragazze imparavano a baciare grazie all’autorevole Cioè). Inoltre in alcuni momenti la regia di Philippa langdale è riuscita anche a trasmettere afficacemente lo stato d’animo della protagonista.
Purtroppo l’episodio si perde in momenti eccessivamente didascalici: cosa dovrebbero rappresentare i petali calpestati dal piede di Mini? il candore perduto? suvvia, siamo a Skins! E poi, sempre nel finale, risulta veramente fuori luogo l’incontro madre/figlia che, invece di apparire malinconico, a mio avviso, scade in un patetismo fastidioso (è molto più efficace il momento-palestra della madre).
Non mi fraintendete: non è un brutto episodio, ma quello che, secondo me, contraddistingue in negativo la puntata, è la sua volontà di viaggiare sul sicuro attraverso un racconto classico che, sebbene risulti comunque buono, si lascia andare a soluzioni stilistiche e narrative decisamente basse per gli standard abituali della serie. I messaggi dello show solitamente vanno ricercati più in profondità, sotto la pelle dei protagonisti, e non sono mai stati raccontati in modo così plateale e didattico.
Continua a errare con noi su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.
Non posso dire che la puntata non mi sia piaciuta oppure che il personaggio di Mini sia un brutto personaggio…però mi ha deluso a tratti il modo in cui l’hanno presentato. mi aspettavo un pò di più: per esempio mi dispiace che non abbiano insistito sul concetto di controllo.
Io gli darei invece un “più che sufficiente”; fino al tuo “purtroppo” sono d’accordo con te ma anche dopo in realtà vedo un prodotto-puntata riuscito nel suo scopo: far capire che certi percorsi adolescenziali formano il, bello o brutto che sia, futuro della persona. Nella scena finale per esempio la madre è la Mini del futuro, un futuro ormai segnato dai comportamenti del genitore, banale come idea ma una realtà dei fatti, realtà che Mini vuole rifuggire scostando la mano della madre che vorrebbe camminare insieme a lei, ma allo stesso tempo realtà che si materializza nel momento in cui Mini segue la madre, anche se a distanza; madre sempre più contenta del percorso (di vita) della figlia, figlia sempre più rassegnata a dover assomigliare alla madre.