Cinema Errante la ricorda così: sexy ed energica che picchia a morte un uomo nel deserto. E’ il 1965, il film è Faster, Pussycat! Kill! Kill! di Russ Meyer. Lei è Tura Satana, nella pelle (iper stretch) di Varla, supereroina Sixties destinata a restare nell’immaginario.

Come la Divine di John Waters, Tura Satana ha una biografia borderline (stupro a 9 anni, campo di concentramento a Manzanar, colpo di pistola allo stomaco sparato dall’ex ragazzo, un incidente che la ospedalizza per anni) che al cinema la rende una vera “bad girl”. In realtà è stata molto di più: membro di una gang femminile, esperta in arti marziali, go-go dancer, attrice, stunt woman, infermiera, operatore radio della polizia, bodyguard, moglie e madre. Un’icona di femminilità e femminismo, erotica senza essere mai completamente nuda.

Lei che nei suoi spettacoli burlesque indossava il kimono e usava spade, coltelli e un’enorme statua di Buddha per rendere sexy le arti marziali (altro che il botox di Cher e la parrucca di Christina Aguilera in Burlesque da venerdì scorso al cinema). Lei che ha smesso di ballare per tornare a fare l’infermiera negli ospedali di Los Angeles. Tura! Tura! Tura!

You can’t let anything get you down. Look at the positive side. Don’t sweat the small stuff. Keep the negative side buried. I come and go as I please, so I can’t get in trouble.
Tura Satana (10 luglio 1938 –  4 febbraio 2011)

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