Breaking Bad 4×10: la recensione
Arrivano i fuochi d’artificio: “Salud” introduce l’epilogo della quarta stagione e concretizza definitivamente tutti i risvolti narrativi suggeriti nelle puntate precedenti in puro stile “Breaking Bad“, ma andiamo con ordine.
La puntata mostra i suoi punti di forza nel percorso di rinascita di Jessie e nel liberatorio abbandono di Walt: il primo acquista finalmente la forza e un motivo per emanciparsi dal suo pesante e pressante collega, mentre il secondo crolla definitivamente tra le braccia del figlio.
Dopo le numerose vessazioni psicologiche di Walt, che dopo l’omicidio di Gale non hanno fatto altro che aumentare il senso di disagio e impotenza del ragazzo, Pinkman si ritrova al centro degli interessi del cartello per essere l’unico in grado di saper cucinare la blue mets. Viene così riposta nel ragazzo una fiducia e una responsabilità in cui nessuno crede realmente, a partire dal protagonista, considerato in precedenza solo un tossico ingenuo e senza spina dorsale. Ma grazie ai risultati positivi, Jesse ritrova il consenso necessario per uscire dalla situazione stagnate e senza ritorno nella quale è precipitato. Gus riesce quindi a vincere una partita a scachi con Walt, dando a Pinkman l’incoraggiamento necessario, almeno apparentemente, per staccarsi dall’ombra del suo collega.
L’egocentrismo di Walt, infatti, non lascia spazio a una gratificante botta sulla spalla o a riconoscenze di nessun tipo (in “Bug” l’uomo arriva a chiedere al ragazzo “What you done for me?“) e adesso che Jesse fa parte della squadra di Gus, Mr. Withe si ritrova completamente solo, schiacciato dai suoi errori: “I made a mistake and it’s all my fault, i’m sorry” ripete più volte al figlio, chiamandolo infine Jessie, prima di scoppiare in lacrime. La storiella di Walt sul padre, poi, è il suo ennesimo tentativo di cancellare ogni traccia della sua vulnerabilità, ma come gli fa notare Walter Jr (il quale finalmente trova un ruolo nella storia), l’essere indifeso l’ha reso umano ai suoi occhi. E con questa scena Bryan Craston mette di diritto un’ipoteca sui prossimi Emmy Awards (le sue espressioni fanno impallidire tutte le performance attoriali viste quest’anno non solo in televisione, ma anche al cinema).
Nel frattempo Skyler continua la sua performance stand alone, estremamente calcolatoria. Per evitare che la polizia risalga ai nuovi affari di famiglia, infatti, la donna tenta di forzare il suo ex amante a saldare i debiti con il fisco, ma dopo un fallimentare espediente alla Saul Goodman (l’avvocato fa credere a Ted di aver ereditato del denaro da una lontana parente) Skyler è costretta a rischiare la sua copertura (!!!) e confessa a Beneke la verità sull’eredità.
E dopo aver esplorato gli stati d’animo dei protagonisti l’episodio termina con un brindisi e la cronaca di un massacro annunciato. Poco importa, infatti, se la vendetta di Gus è prevedibile (un ulteriore atto umano dopo la forte e atipica reazione emotiva dell’uomo di fronte all’assassinio del suo protetto -amante?- avvenuta anni prima per volere del boss del cartello), la tensione invade lo schermo e, con Gus e Mike temporaneamente fuori dai giochi, Jesse si ritrova nuovamente ad essere una pedina fondamentale e necessaria per i suoi nuovi colleghi, dimostrando, infine, piena lealtà (anticipata da Mike in “Problem Dog“). E ora, mentre i telespettatori sorseggiano una bottiglia di Zafiro Anejo, i tre personaggi dovranno pensare a come fuggire dal Messico. Salud!
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