“Clear eyes, full hearts”: Friday Night Lights, il football, la vita
Il 9 febbraio 2011, dopo cinque stagioni, si è conclusa, su DirectTv, Friday Night Lights. Una serie che parla di football e di adolescenti, eppure le categorie di serie sportiva o teen drama sono irrimediabilmente riduttive per descriverla.
Ispirata ad un libro-reportage del 1990, Friday Night Lights. A Town, a Team, and a Dream di H.G. Bissinger, da cui Peter Berg trae un film nel 2004, la serie, targata NBC, abbandona i riferimenti a fatti e luoghi reali: la storia si trasferisce nell’immaginaria Dillon, Texas, e i Dillon Panthers del locale liceo diventano la squadra protagonista.
Il nucleo narrativo della serie è la passione religiosa e assolutamente esagerata dell’intera comunità per questa squadra di liceali, idolatrati e viziati come vere e proprie star. Ma sotto c’è molto altro: la profonda provincia americana e le sue contraddizioni; la ricerca di un riscatto di fronte all’evidenza di appartenere ad un’America dimenticata, ben lontana da quella che conta; il miraggio del football come unica via di fuga; l’esigenza di dirigere lo sguardo oltre i limitati e limitanti confini di Dillon, spesso scontrandosi con la dura realtà. I ragazzi sono tutti impantanati nel fango del Texas, figli di genitori incapaci di accudirli, come Matt Saracen (Zach Gilford) e Tyra Collette (Adrianne Palicki); oppure abbandonati a se stessi, come Tim Riggins (Taylor Kitsch); o ancora prigionieri di stereotipi altrui, che vanno necessariamente infranti per trovare la propria strada e la propria libertà, spesso a costi altissimi, come la cheerleader Lyla Garrity (Minka Kelly) e il quarterback vincente Jason Street (Scott Porter). L’imprescindibile punto fermo di tutta la serie è il coach Eric Taylor (Kyle Chandler), guida sportiva ed esistenziale per i giovani giocatori, supportato dalla sua famiglia, la moglie Tami (Connie Britton) e la figlia Julie (Aimee Teegarden), incostante e a volte crudele come tutti gli adolescenti.
I meriti della serie sono tantissimi: a partire da un background di ipocrisia, atteggiamenti bigotti e persino razzisti, le storie raccontate toccano temi come l’aborto, la droga, l’omosessualità, la guerra in modo mai banale, lontano anni luce dai moralismi di molti teen drama, e amalgamando sempre perfettamente il singolo avvenimento alla coralità della serie. Una scrittura di altissimo livello dà vita a personaggi sfaccettati e variegati: da un lato i protagonisti, i cui sviluppi narrativi sono quasi sempre ottimamente gestiti, mai banali e spesso spiazzanti; dall’altro i personaggi secondari che forse talvolta spariscono troppo repentinamente, ma il cui andare e venire è perfettamente in linea con lo spirito della serie e con l’andamento casuale della vita vera. E fa piacere, in una serie apparentemente così maschile, trovare dei personaggi femminili a tutto tondo, in grado di tenere testa agli uomini e di badare a se stesse, che crescono e cambiano seguendo le proprie aspirazioni; accanto alle più giovani spicca Tami Taylor, che regala, insieme al coach, una rappresentazione del matrimonio e della vita di coppia di rara autenticità e complessità. A tutto ciò si aggiunge un apparato formale molto curato e riconoscibile: uno stile di ripresa quasi documentaristico, particolarmente coinvolgente e azzeccatissimo per le riprese delle partite; una recitazione e dei dialoghi all’insegna della spontaneità; un uso attentissimo delle musiche come costante contrappunto emotivo.
Friday Night Lights è anche una delle serie produttivamente più sfortunate e tenaci di sempre. Penalizzata da campagne promozionali non del tutto riuscite (focalizzate prima solo sul target maschile, poi solo sul potenziale pubblico teen, quando FNL è tutt’altra cosa rispetto ad un teen drama ordinario, anche solo dal punto di vista meramente estetico), ha rischiato la cancellazione praticamente alla fine di ogni stagione, nonostante il plauso della critica e uno zoccolo duro di fan che non si sono mai arresi. La coerenza narrativa ha in alcune parti sofferto l’incertezza produttiva, in particolare nella seconda stagione, sfavorita anche dallo sciopero degli sceneggiatori dell’inverno 2007/2008. Salvata in extremis da DirectTv, già nella terza stagione gli autori sono riusciti a trasformare in vantaggio la precarietà della serie, con un season finale aperto ma che potesse anche essere una chiusura adeguata per l’intera serie. Ottenuto il rinnovo per le due stagioni conclusive, gli autori hanno proseguito con un plot twist rischioso, ma che è risultato perfettamente riuscito, grazie ovviamente ad una sceneggiatura solidissima e alla scelta di un cast sempre più che convincente.
Friday Night Lights va attualmente in onda su Rai4, con l’incomprensibile titolo High School Team (rimarrà sempre un mistero l’abitudine tutta italiana di cambiare i titoli inglesi per metterne altri in inglese) e un doppiaggio inevitabilmente aberrante che fa perdere parte dell’autenticità della serie. Il consiglio è quello di recuperarla in lingua originale, di lasciarsi trasportare a Dillon e di godersi il fango del Texas, le urla del coach, le emozioni che solo una serie davvero ben fatta può regalare.
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Secondo me ti piacerebbe molto. Non ho mai visto OTH, anche se mi hanno detto tutti che la prima stagione è molto bella.
Te l’ho detto, hai un futuro come pusher 🙂
FNL non l’ho (ancora) vista, la tua bella recensione mi ha ricordato un po’ la prima stagione di One Tree Hill, ma da quello che scrivi sembra che FNL abbia quella profondità “extra” che mancava a Lucas e compagni…