E’ Nick il personaggio a cui è dedicata la quinta puntata di Skins: questa settimana abbiamo avuto  modo, così, di capire cosa si nasconde dietro la vita perfetta di questo ragazzo perfetto; un personaggio che, sottovalutato fino a questo momento (almeno da me), si è rivelato  più interessante del previsto. Figlio modello, fratello modello, capitano della squadra di Rugby della scuola, fidanzato con la ragazza più popolare: Nick è, praticamente, quello che si definisce un vincente cosa che, chiara sin dalla prima puntata della stagione, è stata ribadita e sottolineata in questa quinta a partire dalle prime, eloquenti inquadrature (e la scritta ALFA sulla felpa che lui indossa in una di queste scene  diventa esemplare). Eppure, come era già successo con Mini, Skins si diverte a mostrarci il suo declino.

Ma andiamo con ordine.

Non c’è personaggio e non c’è storia in Skins senza che il protagonista di turno non venga inserito all’interno del proprio contesto familiare: Nick non fa eccezione e così abbiamo l’occasione di conoscere, per la prima volta, il padre e di approfondire un pò di più la conoscenza del fratello, Matty. La serie, finalmente, ha modo di dare sfogo a quel tipico gusto per l’eccesso e il grottesco a cui ci aveva abituato dalla prima generazione e che, onestamente, sembrava aver un pò perso in questa terza.

E’ principalmente il padre di Nick ad assicurare alla puntata questo tono in tipico stile “Skins”: Life Coach di professione, autore di manuali di sopravvivenza da titoli evocativi come “Il fallimento è uno stato mentale”, continuamente alle prese con una clientela insoddisfatta da rimettere in riga…il padre di Nick e Matty è sicuramente degno dell’appellativo “grottesco” e questo è evidente sin dal suo aspetto. Ma nella particolare natura della sua professione è implicita la volontà di quest’uomo di inculcare la propria dottrina a 360 gradi e a partire dai propri figli.

Il peso di questo padre ingombrante si sente sin dall’inizio della puntata e, se Matty ha avuto il coraggio di ribellarsi, Nick non può far altro che assecondarlo e identificarsi col mito del “vincente” che gli viene proposto; eppure la vita perfetta che Nick si è costruito non reggerà per molto e, così, nell’arco di un giorno e di una notte, ogni certezza sarà rimessa in discussione. Siamo di nuovo di fronte ad un percorso di catarsi, quindi, che per certi versi è simile a quello compiuto da Mini nella terza puntata; eppure il protagonista, in questo caso, almeno alla fine, riesce a riscattarsi. Così, lasciare la squadra perché semplicemente non gli piace il Rugby, ricostruire il rapporto col proprio fratello e mettere in questo modo il padre di fronte ad una nuova situazione, diventano tutti modi per il protagonista di liberarsi ed emanciparsi.

Ma questa puntata di Skins ci ha dato l’occasione di conoscere meglio anche il fratello di Nick, Matty, che intravisto nella prima puntata e conosciuto meglio nella quarta, ora comincia ad assumere una più chiara fisionomia; per fortuna è stato ampiamente aggirato l’alone di mistero che avvolgeva il personaggio all’inizio della stagione (a mio giudizio un pò troppo caricato) e, così, abbiamo avuto modo di conoscere un personaggio inaspettatamente umano. C’era il dubbio, infatti, che gli autori potessero indugiare un pò troppo sulla tipologia del “bello e tenebroso”, impoverendo in questo modo, la sua storia.

C’è, per finire, una unica nota stonata in questa puntata: Frankie. Questo personaggio, infatti, a mio parere, nell’evolversi della stagione sta assumendo un ruolo che non le corrisponde se paragonato a quello così intenso che ci era stato presentato all’inizio: sempre più periferica, compare (guarda caso) sempre quando il personaggio principale è in difficoltà, pronta ad elargire perle di saggezza che, in fin dei conti, sono anche superflue ai fini della storia. Ha, in questo modo, tutta l’aria dell’ angelo custode del gruppo e trasuda, forse, troppo buonismo.

Scritto da Rossella Carpiniello.

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