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Se vi steste chiedendo perché Cinema Errante ha deciso di dedicare il mese di settembre alla produzione Pixar, la risposta è molto semplice: “Perché sì!”. Reduci dalla visione del loro ultimo, ennesimo capolavoro Inside Out, non ci sono ulteriori risposte possibili. Un film basato su precisi studi scientifici sulle emozioni umane, ma che riesce al tempo stesso a essere divertente e di grande intrattenimento.

Pochissime, se non nessuna, case di produzione hanno saputo, negli ultimi anni, infilare una sequela di titoli così stupefacenti, nuovi, innovativi e allo stesso tempo capaci di raggiungere il grande pubblico. Forse l’esempio più vicino è quello Studio Ghibli, a cui la Pixar si ispira. Ed è emblematico che ci vengano in mente solo produttori di film d’animazione, come se gli studios non avessero più idea di come fare buon cinema popolare: la Rko faceva i noir, la Universal i film di mostri, la MGM i mélo e la Titanus, da noi, i peplum, contemporaneamente investendo nel cinema, cercando nuove direzioni, nuovi divi, nuove strade.

Oggi sembra che solo i cartoni animati possano permettersi di sperimentare direzioni e visioni, mentre gli altri, dopo l’exploit di Searchlight e i suoi indie Sundance, si arrabattano sperando di imbroccare il titolo giusto, tra i pochi che non siano remake, reboot o spin-off. Non è questo il luogo delle lamentele, anzi, questa rubrica cerca sempre di andare oltre l’apparenza, ma la mancanza della figura del produttore, oggi, è un fatto. E invece alla Pixar, nonostante la caduta nei sequel, si continua a sperimentare, in maniera coesa, e rispettando la scelta dello studio, che potremmo riassumere in: grande animazione per spettatori piccoli e grandi.

Come ha scritto Leonardo Gandini su Cineforum, Inside Out è avanguardia per le masse: “Prima dentro (INSIDE) il cuore pulsante di un cinema che per guardare all’inconscio non temeva di essere elitario, e poi fuori (OUT), verso il pubblico, per rendere questo stesso cinema non più elitario ma ludico e irriverente, gioioso e paradossale, bizzarro e accattivante”. Appunto solo Pixar, lo Studio Ghibli e qualche esempio del passato, dove si cercava di unire una grande raffinatezza di sceneggiatura, con una messa in scena classica e fruibile. Non sarebbe forse questa la vera rivoluzione che potrebbe aiutare il cinema a riacquistare la sua centralità nella produzione dell’immaginario collettivo?

Perché se il cinema ha perso i suoi ricordi primari (vedi Inside Out) ed è quindi incapace di essere ciò che è, allora ha la necessità di doverne fabbricare degli altri, attraverso realtà e sogno, [SPOILER] anche a costo di sacrificare il nostro amico immaginario, il cinema contemporaneo [FINE SPOILER]. Inside Out e l’esempio Pixar, che appunto vogliamo celebrare, ci ha mostrato che è possibile, e noi vogliamo andare verso sud del nostro subconscio a vivere stravaganti, classiche, stupefacenti e nuove emozioni cinematografiche.

Scritto da Sara Sagrati.