Andare al cinema in Giappone
Con quello di oggi inizia una serie di post dal Giappone e sul Giappone, attraverso i quali cercherò di trasmettervi come venga vissuto il cinema qui, che ruolo abbia nella cultura del paese e quale sia lo stato dell’industria nazionale.
Il cinema Waseda Shochiku si raggiunge dopo nemmeno cinque minuti di cammino dalla stazione di Takadanobaba, a due fermate da Shinjuku. Paragonato agli immensi multiplex come quello con il quale la Toho sta deturpando Kabukicho, il Waseda Shochiku non è particolarmente attraente dall’esterno: un solo piano, architettura piuttosto spartana e qualche sparuta locandina affissa fuori con i film in programmazione. Entrando la situazione non migliora, la costruzione è del ’51 e mostra i suoi anni, gli interni sono spogli e i seggiolini probabilmente sono gli stessi da un paio di decenni. Ma il Waseda Shochiku è anche uno dei pochi cinema tradizionali rimasti, uno dei simboli del quartiere, dove si può trovare una schiera di cinefili appassionati anche all’ora di pranzo, l’orario in cui lo visito per la prima volta (di solito gli spettacoli iniziano alle 10 del mattino). Le persone escono dalla sala, hanno appena visto Nymphomaniac I, tra un quarto d’ora inizierà il Volume II e tutti si affrettano a bere qualcosa o a raggiungere uno degli agognatissimi – almeno dal sottoscritto – punti dove è possibile fumare all’aperto (che poi è costituito da un semplice posacenere, ma possono anche essere delle vere e proprie gabbie). Ci sono soprattutto ragazzi, magari in coppia, ma si riconosce anche qualche salaryman con la valigetta che si è rifugiato qui per una pausa (o una fuga) dal lavoro, oltre a signori più attempati e qualche hentai (pervertito) che a una proiezione del genere non può mancare.
Il Waseda Shochiku è diventato quella che da noi definiremmo una sala d’essai, una delle poche svincolate dalle grandi catene e dai produttori, un destino che una volta accomunava anche questo cinema, come lascia facilmente immaginare il suo nome contenente il riferimento alla Shochiku, la più antica delle major giapponesi. Qui è ancora possibile godersi un bel double bill a 1300 yen (circa 10 euro), con riduzioni per gli studenti, per le coppie sopra i cinquant’anni e il lunedì per le donne. Dopo il dittico di Lars von Trier, in programmazione la prossima settimana ci sarà Stray Dogs di Tsai Ming-liang (qui intitolato Picnic) in un’affascinante accoppiata con il nostro La grande bellezza (The Great Beauty o La Roma dei ricordi nel titolo giapponese). Tutti i film sono proiettati rigorosamente in originale con sottotitoli. A fine mese si terrà una mini retrospettiva su Jacques Tati e solo a marzo sarà possibile vedere un paio di film giapponesi, anche questi già da tempo usciti nei circuiti principali.
Finita la sigaretta, il ragazzo che fa da maschera/cassiere/proiezionista, sorprendentemente simile a Matsuda Ryuhei, richiama tutti dentro. Andare al cinema dall’altra parte del mondo può essere un’esperienza illuminante per capire determinate dinamiche, ma è anche – e soprattutto – un modo per sentirsi a casa ovunque tu sia.