Già vincitore del Gran Premio della giuria al Sundance, Whiplash di Demien Chazelle è stato uno dei protagonisti della recente notte degli Oscar, quando, pur partendo dal ruolo di outsider, si è portato a casa tre statuette: per il miglior montaggio (Tom Cross), per il miglior sonoro (Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley) e soprattutto per la strepitosa interpretazione di J.K. Simmons, miglior attore non protagonista.

Lo spartito del film ci accompagna in un gioco al massacro: quello tra Andrew (Miles Teller, bravissimo), allievo di una prestigiosa scuola di musica e aspirante batterista jazz, e il suo maestro Terence Fletcher (J.K. Simmons, strepitoso), esigente fino al cinismo e al sadismo nel voler tirare fuori dai suoi allievi il vero talento e la vera grandezza, con metodi ben diversi da quelli dell’archetipo del professore, magari un po’ arcigno ma in fondo buono, che vediamo spesso in film hollywoodiani: non esita infatti, tra un insulto e una battuta sarcastica, a prendere a schiaffi o a lanciare contro chi sbaglia il tempo una sedia. Lo fa per alzare l’asticella, e diventa, per il malcapitato e orgoglioso allievo, una vera e propria ossessione, alla quale il giovane sacrifica qualsiasi altro aspetto della vita che non sia mostrare il suo talento musicale. I due, alla fine, sembrano ritrovarsi sulla stessa lunghezza d’onda, simboleggiata dalla significativa occhiata scambiata al termine dell’assolo finale.

Sarà banale sottolinearlo, ma il film di Chazelle è un po’ un corrispettivo visivo di una jam session: il jazz, che continuamente sfuma dal diegetico all’extradiegetico e viceversa, diventando così allo stesso tempo elemento “oggettivo” della narrazione e grancassa delle interiorità, è una sorta di co-protagonista che assiste a questo gioco al massacro, sottolineando, con gli assoli, le melodie più “free” (nel senso di “free jazz”), i cambi di tono e di ritmo la tenacia, le crisi, l’orgoglio ferito e poi risorto del giovane protagonista, e dando il tempo allo scontro tra le due personalità. Melodie che sublimano il furore, le lacrime, il sudore e il sangue, inquadrate nel dettaglio da un apparato visivo che va continuamente a braccetto con quello sonoro, grazie al montaggio che segue il ritmo forsennato delle note e alla fotografia nitida per i dettagli e un po’ fumosa, come l’atmosfera jazz richiede, per gli ambienti.

Whiplash è un film furioso nel suo accentuato virtuosismo, che non rende del tutto campate in aria le perplessità di chi lo ha trovato un puro esercizio di stile, all’apparenza libero e quasi improvvisato – ancora una volta, proprio come una jam session – e allo stesso tempo estremamente concreto nel rappresentare la sofferenza del giovane protagonista e il cinismo del professore. Quasi certamente, entusiasmi o meno, diventerà una tappa obbligata per i futuri film musicali.

Edoardo P.Alice C.Antonio M.Chiara C.Davide V.Eugenio D.Thomas M.
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