Siamo rimasti col confortante pensiero di un Gesù superhero, pronto a difendere le nostre città (e le lesbiche delle nostre città) da vampiri, dittatori, demoni e Richard Nixon. Per quelli che “Dio è un’ipotesi troppo estrema” oggi parliamo di un mondo da cui ogni fede è bandita. In the name of the meat, and of the bowels and of the holy blood!

Anche questo devo confessare. La mia seconda passione, dopo Gesù, sono le viscere, meglio se fuori dalla cavità addominale. Anzi, meglio ancora se fuori dalla cavità addominale e in bocca al legittimo proprietario, una sorta di Uroboro del gore, rappresentazione dell’eterno ritorno dello schifo. I titoli, quando si parla di splatter, sono tanti  ma perché accontentarsi di singoli esempi quando si può immaginare il film perfetto: una summa del peggio, un campionario di oscenità. Proviamoci.

Il mio film perfetto deve avere almeno un feto in formalina. Esempio calzante il terribile “Bleeders” aka “Hemoglobin” di Peter Svatek in cui il feto c’è ed è anche deforme e il protagonista se ne nutre per integrare preziosi sali minerali, essendo visibilmente debole e palliduccio. Dopotutto i pastigliozzi di ferro non sono mai stati piacevoli da assumere. N.B. Gli anni ’90 non sono stati un decennio felice per Rutger Hauer, qui medico e depositario dei segreti del villaggio. Ora è veramente tempo di morire.

In secondo luogo non possono mancare il trita rifiuti/falciatrice che diventano tritateste/falciagambe. Fulgido esempio del primo caso il pilastro del genere, “Blood feast”, dell’ormai ultraottantenne Herschell Gordon Lewis. Il film, descritto al tempo su Variety come “an insult even to the most puerile and salacious of audiences”, si conclude con lo sfortunato assassino  sminuzzato in un camion trita rifiuti, nonostante la benevolenza della dea Ishtar. Per quanto riguarda le falciatrici il pensiero non può non andare a “Braindead” aka “Splatters – Gli schizzacervelli“, di un Peter Jackson a.K.K. (ante King Kong) che ai gorilloni teneroni preferiva malvagie scimmie-ratto. A Jackson si devono altri due ingredienti fondamentali del film perfetto: l’invenzione dell’hamburger umano, fiorente commercio alieno e la degustazione rituale di vomito (in “Bad taste” aka “Fuori di testa”).

Ma qui si rischia di soffermarsi sul contorno e trascurare il piatto forte. Stiamo parlando dell’orgia cannibale e fagocitante di “Society” di Brian Yuzna, a mio avviso da preferire all’amplesso necrofilo di “Nekromantik” se non altro per la freschezza delle carni e per la soundtrack di Strauss. E per concludere i manichini con scalpi umani di “Maniac”, notevole film d’esordio di William Lustig, col maniaco ucciso, nel finale, dai sui feticci animati. Cult la testa di Tom Savini che esplode.

Perché guardarsi ore di sbudellamenti e spilloni e coltellacci e asce e seghe elettriche? C’è più critica sociale e coraggio dissacrante in un minuto di Yuzna che nell’intera carriera politica di Al Gore.

Scritto da Barbara Nazzari.

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