Il quinto potere: la recensione
Una rivoluzione mediatica consegnata nel bene e nel male alla Storia. Il sogno di due hacker, destinato a evolversi in qualcos’altro negli anni. Eppure, Il quinto potere non è un film per smanettoni del computer, nonostante le fiere d’elettronica, i portatili e svariati server accatastati. Degne di nota, in un procedere registico ordinario, sono le derive oniriche riguardanti la messa in scena di ciò che avviene nella rete, tanto da rendere il tutto suggestivo e comprensibile allo stesso tempo. Anzi, l’interesse dell’opinione pubblica e il caos affrontato da alcuni governi per le azioni di WikiLeaks, stabilizzano parzialmente il film verso il genere spionistico.
La storia racconta la collaborazione e l’amicizia tra i due creatori del sito: Julian Assange e Daniel Domscheit-Berg, che sono interpretati rispettivamente dall’iconico attore britannico Benedict Cumberbatch e dall’attore tedesco Daniel Brühl. Perciò, vediamo contrapporsi un Julian bugiardo, senza dimora, egocentrico e segnato da un’infanzia di abusi a un Daniel leale, pulito (troppo!), che per la causa arriva a sacrificare il lavoro e gli affetti. Così, a cavallo di un lungo flashback, ripercorriamo la vicenda dal loro primo scoop sulla corruzione della banca Julius Baer Group fino alla caduta della loro utopia: spingere le istituzioni a una maggiore trasparenza nei confronti del cittadino attraverso la diffusione totale dei loro segreti; un’informazione senza filtri; la tutela della privacy dell’individuo e, in primis, delle loro “gole profonde”. Poiché, come viene ricordato nel film e poi drasticamente contraddetto da Assange, mostrandone le lacune legate all’attendibilità delle informazioni e alle conoscenze di chi le diffonde: “Un uomo difficilmente sarà se stesso se parla in prima persona, ma se gli date una maschera vi dirà la verità. Quell’uomo potrebbe far crollare il più potente e il più repressivo dei regimi”.
Il regista Bill Condon ci tiene tanto stretta la mano durante la visione del film da eliminare qualsiasi dilemma morale, che una vicenda del genere può suscitare. D’altronde, la storia narrata si ispira ai libri Inside WikiLeaks scritto da Berg e WikiLeaks: La battaglia di Julian Assange contro il segreto di Stato” dei due giornalisti David Leigh e Luke Harding, che ne eliminano il lato graffiante. Così, nel giustificare da subito la sua posizione (l’indispensabilità del giudizio umano), Condon lascia l’impatto della comunicazione digitale sul mondo attuale a lunghi spiegoni, invece che affidarlo alla narrazione dell’effetto virale che si è scatenato tra la gente comune. No, non è affatto un film per nerd, fatto da nerd.
Scritto da Gianluca Lamendola.
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