A Bigger Splash: la recensione
Guadagnino insegna: fare il bagno di notte fa male alla salute.
Esce anche nelle sale, dopo aver diviso al Lido in due agguerrite fazioni critici, cinefili e spettatori, con i detrattori in molti casi particolarmente scatenati e livorosi, The bigger splash di Luca Guadagnino, interpretato da un quartetto di più o meno note celebrità internazionali: Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Dakota Johnson e Matthias Schoenaerts.
Tilda Swinton è una rockstar in vacanza a Pantelleria insieme al marito (Matthias Schoenaerts): lei è reduce da un’operazione alle corde vocali, lui da un tentativo di suicidio. La coppia viene raggiunta dal guascone Harry, una vecchia fiamma di lei (Ralph Fiennes), accompagnato dall’inquieta figlia poco più che adolescente (Dakota Johnson). L’arrivo dei due mette in crisi la delicata ricerca di un nuovo equilibrio da parte della coppie, destabilizzando e alzando il coperchio sulle recriminazioni del passato, portando così il quartetto alla tragedia. Sullo sfondo gli stupendi paesaggi dell’isola, un commissario folcloristico e imbelle (Corrado Guzzanti) e i migranti.
A Bigger Splash è un film sulla cultura dell’indifferenza, sugli orizzonti limitati e sul disinteresse totale verso ciò che non riguarda il proprio ego; la rappresentazione di questi dis-valori è spietata e cupa, anche se la critica non è diretta (ma proprio per questo più efficace), nascosta sotto l’estetica patinata e rafforzata dalla sagace commistione di vari generi e toni (melodramma passionale, il noir e il grottesco). Intelligente e spietata (verso i ricchi e onanisti protagonisti) è la rappresentazione dei migranti, oggetto di molte accuse dei detrattori: la folla dei migranti rimane fino al finale (che non spoilero) come un “arredamento” dell’isola, rimanendo sullo sfondo come fossero oggetti di decòr paesaggistico, proprio perché estranei al mondo dei quattro e alla loro indifferenza. La rockstar protagonista prende coscienza della loro esistenza solo quando le fa comodo, in un finale affilato e cupo, colpo di grazia sull’egoismo e la malafede dei protagonisti.
Il film certamente ha momenti poco a fuoco e sequenze più deboli, ma Guadagnino cerca di superare le secche stilistiche e narrative del cinema italiano medio, dimostrando uno stile, narrativo e registico, personale e interessante, e riuscendo a parlare di noi senza dover ricorrere ai temini retorici e didascalici.
Edoardo P. | Davide V. | Eugenio D. | ||
7/8 | 4 | 7 |
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