Detour. Cherry Pie: la recensione
Tra i film presentati al Detour Film Festival, c’è anche Cherry Pie, lungometraggio d’esordio dello svizzero Lorenz Merz, già presentato nel 2013 al Festival di Locarno nel concorso internazionale.
Protagonista assoluta è Zoe (Lolita Chammah), giovane donna in fuga da un passato che non ci viene mai chiaramente spiegato, ma semmai suggerito attraverso indizi sempre più chiari e verosimili. Il viaggio segue le coordinate fisiche di un improvvisato autostop nelle autostrade francesi, e di un’inaspettata traversata della Manica che porta la protagonista in terra d’Albione; ma soprattutto segue le coordinate interiori e psicologiche della fuga dal passato opprimente, dello spaesamento e del tentativo di rinascere in una nuova sé; gli itinerari, insomma, tipici dei percorsi di crisi e di rinascita.
Tra automobilisti indifferenti o qualunquisticamente logorroici, taccheggi e notti passati a osservare il fiume delle macchine immaginando le note di una vecchia canzone, Zoe alterna momenti di disperazione, scoppi di rabbia e momenti in cui si immagina immersa in un’esistenza comune. Il suo vagare sembra trovare una meta quando la misteriosa signora nella cui macchina Zoe ha trovato rifugio sparisce nel nulla: prendendo l’identità della donna, impossessandosi dei suoi vestiti e oggetti, la protagonista ha l’occasione di improvvisare una nuova vita. Lo spaesamento sempre più crescente durante il suo peregrinare l’ha però resa irrimediabilmente estranea al mondo, parallelamente al passato che torna con sempre più prepotenza. Inevitabile il disperato e serenissimo gesto finale, unica reale possibile via di fuga.
Merz – anche sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore insieme a Samuel Doux – esordisce con questo potente ritratto femminile, del tutto verosimile ma mai davvero naturalista, neanche quando all’inizio l’occhio del regista sembrerebbe pedinare la protagonista alla “moda dei Dardenne”, anzi continuamente sospeso in un’atmosfera quasi onirica e irreale, accennata all’inizio, sempre più esplicita man mano che il film avanza. Sembrerebbe quasi di assistere a un sogno fatto dalla stessa Zoe, uno di quei sogni in cui dettagli e personaggi reali si mischiano a elementi fantastici o fuori posto. In questo modo Cherry Pie risulta un film dal forte impatto emotivo e dall’innegabile fascino visivo, che coglie l’obiettivo di raccontare una figura femminile in crisi sia negli aspetti e nelle cause materiali e sociali (queste ultime, come detto, suggerite ma abbastanza chiare), sia nelle derive e nelle fughe psicologiche e interiori.
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